Versi 3, prendi 2,5. Che affare, eh? Come si fa a non dire sì a una proposta del genere? E infatti Conte e i suoi hanno subito accettato, fiutando evidentemente un vantaggio nascosto ai più. Del resto, lo abbiamo imparato, dell’Europa ci si può fidare… Veniamo al dunque. Stiamo parlando del Sure. Dei cento miliardi del fondo per i disoccupati europei, promessi dall’Eurogruppo il 10 aprile insieme al “Mes sanitario” (altra fregatura mascherata) e al fondo Bei, è certo che neppure un centesimo sarà disponibile per il nostro Paese. Come spiega molto bene Tino Oldani su ItaliaOggi, “i famosi mille miliardi e passa di aiuti promessi da Ursula Von der Leyen sembrano destinati a restare nel limbo delle promesse europee non mantenute. Ricordate? 750 miliardi con il Recovery Plan, altri 240 con il Mes sanitario, 200 con la Bei e 100 con il Sure. Tutte risorse da raccogliere sui mercati con emissioni obbligazionarie per poi concedere dei prestiti e sussidi ai singoli paesi. Il che richiede non solo tempo, ma soprattutto intese politiche tra gli Stati, intese tuttora inesistenti”.
Diciamo subito che per quest’anno dal Recovery Plan non ci arriverà nulla, né sussidi né prestiti. Quanto agli altri tre pilastri del tanto decantato bazooka europeo, molto fumo e niente arrosto. Il Sure è un fondo europeo senza neppure un euro in cassa e potrà prestare qualcosa soltanto quando avrà ricevuto dai paesi Ue le garanzie necessarie per emettere delle obbligazioni sui mercati. Cosa vuol dire? Spiega ancora Oldani: “Di queste procedure, a quanto pare, sembra che siano all’oscuro molti tra i cosiddetti ‘europeisti senza se e senza ma’ che affollano i salotti tv per magnificare gli aiuti Ue, presentandoli come cosa già fatta”.
Oldani cita dunque il blog Orizzonte 48, molto attento alle questioni giuridiche europee, per spiegare nel dettaglio la regolamentazione del Sure. “Risulta obiettivamente molto poco realistico che lo strumento Sure possa dare luogo a un tesoretto in tempo utile, questo autunno, e per di più vicino a un ammontare di dieci miliardi entro il 2020”. Prima bisogna versare le garanzie, poi raccogliere i fondi sui mercati con le emissioni obbligazionarie. Non solo. Poiché l’adesione non è obbligatoria, alcuni paesi Ue potrebbero non partecipare, riducendo così la disponibilità futura. Per cui “l’effettiva erogazione del prestito appare incerta nei tempi e nei volumi”.
L’Italia potrebbe ottenere il 10% di questi fondi: vale a dire 2,5 miliardi, ma non nel 2020, bensì nel 2021! Il tutto – e qui viene il bello – dopo un versamento di 2-3 miliardi di garanzie “irrevocabili, liquide e immediatamente esigibili”. Come si diceva all’inizio, versi 3, prendi 2,5. “Un affare in perdita – conclude Oldani – aggravato da un ulteriore dettaglio: il 10% spettante all’Italia, ovvero i 2,5 miliardi, potrebbe non essere versato in un’unica soluzione, bensì (articolo 7) in plurimi versamenti. Nella fase più acuta della recessione, potremmo avere a disposizione qualche centinaio di milioni in prestito, sui quali risparmiare qualche milione di interessi, ma dopo avere versato 2-3 miliardi di garanzie. Un vero bluff”. Tutto chiaro ora?
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