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Risparmi a rischio, nelle banche italiane c’è una bomba da 400 miliardi pronta a scoppiare

Pubblicato il 15/06/2022 19:54

La crisi del 2008 non ci ha insegnato niente. Le banche italiane rischiano seriamente di fare una pessima fine. Una vera e propria bomba ad orologeria da 400 miliardi sarebbe pronta ad esplodere sul sistema bancario italiano, causando, plausibilmente, effetti nefasti sull’intera economia globale. Lo stock sottostante agli Npe (rapporto fra crediti deteriorati e totale crediti erogati) per banche più investitori, è atteso in aumento dai 330 miliardi del 2021 ai 369 miliardi del 2022 e ai 402 miliardi nel 2024. Cerchiamo di capire cosa significa.
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Uno scenario preoccupante

Lo scenario è a dir poco preoccupante, benché non sia certo una sorpresa. Numeri ben precisi danno corpo ad una previsione che, da qualche anno, fa tremare il sistema bancario. Il funesto presagio è contenuto nel report di approfondimento del mercato degli Npe (Npl e Utp) di EY, una delle più titolate società di consulenza italiana. Come riportato da Il Messaggero, sono ben le 29 pagine che Francesco Pisapia e Michele Thea hanno illustrato stamane alla Commissione di indagine sul sistema bancario. Il focus è sul track record di sofferenze, incagli e inadempienze oltre i 90 giorni, le modalità di gestione attuate finora e soprattutto le prospettive.
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Quando non si impara dagli errori

Le conseguenze della gestione della pandemia e della guerra, in termini di crisi energetica, assieme al rialzo dei tassi a fronte dell’impennata inflattiva, alimentano uno scenario tutt’altro che rassicurante. Sebbene sia stato attuato un drastico derisking negli ultimi anni, lo stock italiano rimane ancora al di sopra della media europea: il 4,9% contro il 2,1%. Dagli 84 miliardi di deteriorati del 2008 (crisi mutui subprime) si è arrivati al picco di 342 miliardi nel 2015, passando in mezzo alla crisi del debito sovrano, con un incremento del 22,2%.
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L’Italia è in buona compagnia

Dopo il picco, si è registrata una discesa grazie alle cessioni di portafogli di sofferenze del 19,5% a 93 miliardi del 2021, anno in cui per la prima volta, lo stock di Utp (crediti che necessitano di carte bollate dalle banche) ha superato le sofferenze: 44 miliardi contro 45. Ebbene, si dà il caso che l’Italia sia da tempo sotto osservazione, ma è giusto osservare che è in buona compagnia. Infatti, anche gli istituti di Francia e Germania sono a loro volta pieni zeppi di titoli tossici, ma le Authority europee faticano a considerarle mine vaganti come quelle italiane. Chissà poi perché…
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Una crisi senza fine

Sebbene le cosiddette Authority basino le loro valutazioni su fattori ben definiti, è anche vero che la grande crisi del 2008, partita con il tracollo della Lehman Brothers, ha visto come protagoniste diverse e stimate agenzie di rating. Le stesse che, anche dopo la crisi (che in realtà accusiamo ancora oggi) hanno continuato ad elargire giudizi e votazioni sulle varie economie statali del mondo, non lesinando pessime votazioni per l’Italia. Chissà, se avessero fatto bene il loro lavoro, magari ciò che è successo in quegli anni non avrebbe portato i disastri che ben consociamo.

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