Il futuro dell’Italia sul fronte del lavoro non sembra particolarmente roseo, qualsiasi stima si guardi in questi giorni di previsioni e studi. Mentre il governo continua a fare buon viso, dispensando ottimismo e promesse a ogni categoria, sia Bankitalia che l’Istat hanno infatti pubblicato stime che dovrebbero piuttosto far preoccupare, e sul serio, Conte e il resto dell’esecutivo giallorosso. Due gli scenari analizzati dalla Banca d’Italia, entrambi piuttosto nefasti. Il primo, che non tiene conto di un possibile ritorno del coronavirus e quindi di nuovi lockdown, vede un Pil in calo del 9,2% nel corso di quest’anno e un recupero del 4,8% nel corso del prossimo. L’occupazione, con queste premesse, calerebbe di quasi il 10% nel 2020 per poi recuperare la metà della perdita nel 2021. Nonostante il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione guadagni, a rischio ci sarebbero 900 mila posti di lavoro.
Non va meglio, anzi, nell’altro scenario preso in considerazione da Bankitalia, quello che prevede invece la possibilità di nuovi focolai e quindi nuove misure restrittive imposte dal governo causa emergenza sanitaria. Nell’eventualità più negativa, con il Pil in picchiata del 13,1% nel 2020 e in ripresa del 3,5% nel 2021, il numero di posti di lavoro complessivamente a rischio salirebbe a 1,2 milioni. Non è soltanto l’istituto però a guardare con preoccupazione al futuro. Anche l’Istat, infatti, ha pubblicato delle stime senza precedenti sul fronte occupazionale, stime che dovrebbero far scattare più di un allarme dalle parti di Palazzo Chigi.
Secondo l’Istat, infatti, in termini di unità di lavoro equivalenti è previsto un brusco calo nel corso di quest’anno (-9,3%) e una ripresa del +4,1% del corso del 2021. Calcoli approssimativi, ovviamente, che non possono essere presi come certezze assolute ma che se dovessero effettivamente rispecchiare il reale andamento del mercato del lavoro nel corso dei prossimi mesi metterebbero a rischio addirittura 2 milioni di posti di lavoro. Una variante importante la giocheranno le ore di lavoro effettive: importante, dunque, capire se e in quali settori si tornerà al full time e quindi no. Anche nella migliore delle ipotesi, comunque, l’Istituto vede a rischio 1-1,5 milioni di lavoratori.
Tra le variabili da tenere in considerazione e che potrebbero influenzare il mercato del lavoro c’è poi, ad esempio, la partecipazione: nei primi mesi del 2020, 300 mila persone scoraggiate hanno smesso di cercare un impiego, con una contemporanea diminuzione dei contratti di assunzione riscontrata tra gennaio e aprile. Ovvio che a influire sia stato il lockdown, ma a preoccupare è la mancanza di fiducia riscontrata soprattutto nella fascia di età compresa tra i 35 e i 49 anni, soprattutto tra le donne. C’è poco da sorridere, insomma, a guardare le premesse. Qualcuno però dovrebbe prendersi la briga di spiegarlo con parole chiare al governo.
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