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La Popolare di Bari e quei 300 milioni di crediti persi di cui nessuno parlava mai

Pubblicato il 07/01/2020 11:14

Una storia che si arricchisce giorno dopo giorno di particolari che fanno gridare di rabbia, quella della Popolare di Bari. Un racconto fatto di affidamenti generosi, operazioni baciate, azioni a un prezzo completamente fuori dal mercato. E di 300 milioni di euro di crediti persi e mai rivelati, una cifra che l’istituto sapeva benissimo di non poter mai riavere indietro e che però continuava a portare a bilancio nella speranza di potersi salvare. Un dettaglio rivelato da Giuliano Foschini sulle pagine di Repubblica.

Nel mirino della procura che indaga sulla Popolare c’è innanzitutto il massiccio aumento di capitale successivo all’acquisizione dell’abruzzese Tercas. Alcune azioni erano state comprate da azionisti in buona fede ma, si sospetta, non informati del rischio che stavano correndo. In altri veniva invece chiesto a imprenditori esposti nei confronti dello stesso istituto di impegnare parte del credito ricevuto in azioni della banca. Circa 50 milioni di euro di titoli pagati di fatto con fondi propri della stessa Popolare di Bari.

La Popolare di Bari e quei 300 milioni di crediti persi di cui nessuno parlava

Secondo la Corte d’Appello di Bari, che si è pronunciata recentemente con 3 sentenze, il consiglio d’amministrazione dell’istituto avrebbe inoltre sottovalutato i rischi di mercato e attribuito alle azioni emesse un prezzo diverso da quello che sarebbe stato corretto, nonostante i report che evidenziavano questa situazione. Per questo la Corte d’Appello ha confermato le sanzioni già inflitte dalla Consob. Alcuni azionisti sarebbero poi stati preferiti ad altri quando è stato possibile vendere azioni comprate a oltre 7 euro e oggi diventate carta straccia o quasi.

La Popolare di Bari e quei 300 milioni di crediti persi di cui nessuno parlava

Ad avvantaggiarsi di questi errori sarebbe stata innanzitutto, secondo la procura, la società del presidente pugliese di Confindustria Domenico de Bartolomeo, che secondo i giudici civili sarebbe stata invece danneggiata. L’elenco di grandi esposti all’interno di Popolare di Bari è d’altronde lungo, come alcune società del costruttore Parnasi o l’imprenditore del mobile Piergiorgio Cattelan. E poi tante storie finite male, come quella del gruppo Fusillo al quale la Popolare provò a concedere un finanziamento da 40 milioni nonostante un buco da più di 100. O la Gazzetta del Mezzogiorno: al giornale, controllato da una società in concordato, l’istituto concesse 37,7 milioni di euro.

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