Con un’accusa pesantissima, omicidio colposo, sei persone, tra dirigenti ed ex dirigenti dell’ex Ilva di Taranto, andranno a processo per aver cagionato la morte del piccolo Lorenzo “Lollo” Zaratta. Lorenzo è, da quel giorno, il simbolo dei bambini di Taranto e soprattutto del rione Tamburi, della difesa dell’ambiente e della lotta all’inquinamento. Nessuno lo restituirà all’amore dei suoi genitori ma almeno, dopo una lunga battaglia, intrapresa da quel maledetto 30 luglio del 2014 in cui il bimbo di soli 5 anni fu stroncato da un astrocitoma, un raro tumore al cervello diagnosticato già al terzo mese di vita, la madre e il padre di Lorenzo vedono accolto il ricorso al proscioglimento degli imputati avvenuto nel 2022 e vedranno una corte di giustizia impegnarsi per accertare un nesso di “correlazione causale” tra la malattia tumorale e l’inquinamento ambientale: è stato accettato, dunque, il ricorso presentato pm Mariano Buccoliero. Il processo prenderà il via il 2 ottobre prossimo.
>>> “Ci sono pochissime persone…” Il grande omaggio di Putin all’amico Silvio Berlusconi (VIDEO)
La precedente assoluzione
Il 12 luglio del 2022, infatti, vennero prosciolti alcuni tra dirigenti e manager dello stabilimento siderurgico ex Ilva, con motivazioni francamente risibili: secondo il giudice per le udienze preliminari, Pompeo Carriere, non era possibile infatti accertare un nesso di “correlazione causale” tra la malattia tumorale e l’inquinamento ambientale, come si legge su la Repubblica. “La letteratura medica, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non consente – così tra le cosiddette motivazioni della assoluzione – di affermare la sussistenza di una correlazione causale tra inquinamento ambientale-atmosferico e tumori del sistema nervoso centrale e segnatamente dell’astrocitoma”. Ma sono, frattanto, intervenuti nuovi fattori: sono stati gli stessi consulenti della famiglia del piccolo Lorenzo a segnalare, attraverso alcuni accertamenti, la presenza di tracce di metalli pesanti nel tessuto cerebrale del bimbo.
>>> “Ordine illegittimo!” Rifiuta di indossare la mascherina e parte l’avviso di garanzia. Il caso in tribunale
Il ricorso del pm e le nuove prove
Ecco perché il pm Mariano Buccoliero, nel ricorso, chiedeva di indagare “il rapporto tra sostanze cancerogene nel cervello di Lorenzo e tumore sviluppato proprio ove tali sostanze sono state trovate”. Ricorso accolto dalla sezione distaccata di Taranto della Corte d’appello di Lecce, presidente De Scisciolo, consiglieri Cavallone e Incalza. Per l’accusa gli imputati consentirono “la dispersione di polveri e sostanze nocive” con condotte che avrebbero contribuito a provocare “una grave malattia neurologica al piccolo”. Già una perizia di parte allegata alla prima denuncia spiegava come Lorenzo abbia, probabilmente, avesse cominciato ad ammalarsi nella pancia della mamma. “La causa della presenza dei metalli – si leggeva nella consulenza – è da ricercarsi nella esposizione della madre durante la gravidanza“. La mamma di Lorenzo lavorava al quartiere Tamburi e il sospetto atroce è che il latte materno sia stato contaminato dai veleni dello stabilimento.
>>> “Sciacallo”. Il post choc di Roberto Saviano che fa infuriare gli utenti: il VIDEO incriminato
Gli imputati
Gli imputati sono l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso; l’ex responsabile dell’area parchi minerali, Marco Andelmi; il capo dell’area cokerie Ivan Di Maggio; il responsabile dell’area altiforni Salvatore De Felice; i responsabili delle due acciaierie, Salvatore D’Alò e Giovanni Valentino.
Potrebbe interessarti anche: Riunione di Forza Italia dopo la morte di Berlusconi