Abbiamo capito o forse si sapeva purtroppo già da tempo, che in Italia nemmeno con le emergenze riescono a scalfire la potente pesantezza della burocrazia. A 4 anni trascorsi dalla scossa che ha colpito Amatrice, il quadro che si presenta è quelo di un territorio abbandonato alle sue disgrazie.
Era il 24 agosto del 2016 quando la prima scossa di terremoto di magnituo 6, in piena notte, ha raso al suolo quattro paesi, Accumoli, Amatrice, Arquata, del Tronto e la sua frazione di Pescara del Tronto. 299 vittime e tantissimi feriti. “Il paese non c’è più, Amatrice non c’è più”, aveva lanciato il grido disperato il sindaco di allora Sergio Pirozzi.
A 4 anni, il centro di Amatrice è ancora un cumulo di macerie. 80mila edifici privati danneggiati, 50mila con danni gravi fino alla completa inagibilità, ma nonostante i soldi stanziati oltre il 90% delle case è da ricostruire o riparare. Discorso che non si discosta di molto per quanto riguada gli edifici pubblici. Su 1.500 tra scuole, caserme, ospedali, musei, impianti sportivi, soltanto 86 sono stati ricostruiti.
Stando ai dati forniti dal Messaggero, le domande di accesso ai contributi sono solo 13.948, accolte 5.325, cifra che rappresenta il 6,5% degli edifici danneggiati. Altre 7.945 sono in lavorazione. La regione con il maggior numero di domande presentate è le Marche (8.400 di cui 3.604 accolte, 165 respinte e 4361 in lavorazione). Umbria ha un totale di domande presentate di 2015, 852 accolte, 115 respinte, 1048 in lavorazione. In Abruzzo la situazione si presenta con 2077 domande, 338 acclte, 141 respinte, 1598 in lavorazione.
“Si punta a rendere il procedimento per l’accesso ai contributi a fondo perduto molto più snello e veloce”, riferisce il quotidiano. La verità è che in questi anni la politica non è riuscita a inserire nella cosa pubblica né efficienze nè onesta e questi sono gli elementi fondamentali per la ripartenza/ricostruzione del Paese.