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Scusate se insisto: ma l’Europa a che serve? Paragone disintegra Ursula & Co.

Pubblicato il 15/08/2023 15:07 - Aggiornato il 15/08/2023 15:27

Lo so, non me ne posso uscire a ridosso di ferragosto con la solita barbosa polemica sull’Europa, ma davvero non riesco a capacitarmi dell’assoluta inconsistenza della strombazzata Europa di fronte a problemi politici, quindi economici e sociali, enormi.

Messo agli atti il fallimento più totale rispetto alla questione migratoria dove non si capisce né cosa intendano fare per proteggere i confini né quali siano le proposte per gestire il carico umano in arrivo, rilancio dicendo che i nuovi ingressi comportano spese per la insicurezza generata da chi, senza lavoro e senza dimora, fa delle città il “suo” spazio. Con a conseguenza che le già desolate periferie smarriscono la minima algebra sociale. Quindi, al netto delle grandi chiacchiere, tutto torna a quei maledetti soldi che non ci sono mai per affrontare le questioni più urgenti. “Ma se non sappiamo nemmeno spendere nemmeno i soldi che ci danno”, dicono. Boiata: primo perché intanto sono per lo più soldi già nostri che avevamo dato in precedenza a Bruxelles e che adesso tornano, altri sono soldi in prestito; secondo, perché i soldi che l’Europa concede sono vincolati a progetti “politici” decisi dalla Commissione, che è un po’ l’Esecutivo dell’Unione. Questo passaggio non è di poco conto se pensiamo alla prossima manovra Finanziaria e agli spazi ristretti di manovra: con la legge di Stabilità il governo mette a terra gli intenti politici della sua azione, è lì che trova – o dovrebbe trovare – i soldi per solidificare le idee e le visioni. Vuole alzare le pensioni? Vuole abbassare le tasse sul lavoro? Vuole assumere più agenti di polizia o rafforzare la sicurezza interna? Ecco, i soldi li deve trovare lì. Oggi leggiamo che gli spazi non ci sono perché le regole europee fanno sempre rimando ai soliti nodi contabili per cui ci si può indebitare solo se lo dicono loro. Che poi è una garanzia a vuoto considerata la natura della Bce e la codardia di chi la guida.

A tal proposito, rispetto alla domanda iniziale sul senso dell’Europa, rilancio la mia sfida agli europeisti: che fine ha fatto il debito comune europeo – quello vero – quello dove gli Stati membri non debbono tornare sui mercati per finanziare ciò che a Francoforte avevano comprato all’ultimo giorno o per finanziare quell’extra deficit che la Commissione europea autorizzò sotto emergenza? “Lo faremo”. Campa cavallo.

Quindi, ricapitolando, i governi eletti non possono fare spesa pubblica a debito per fare politica; la Commissione non eletta può decidere invece cosa si possa o non si possa fare. Il che – almeno a me – pare abbastanza chiaro: si fa quel che i grandi interessi hanno deciso. E’ mai possibile che se il governo sceglie di tassare gli extra profitti bancari, cioé quel di più generato senza batter ciglio per il solo aumento dei tassi d’interesse, sotto traccia si muove il mondo per rimodulare una decisione che il popolo (che è fatto di clienti di quelle stesse banche) trova di per sé corretta? Dalla Bce arrivano le telefonate vellutate per sottoporre ad attenta analisi la questione. Che infatti alla fine cuberà poca cosa rispetto a quel che si poteva ottenere.

E che dire delle ultime questioni legate a Ryanair? Anche su questo la Commissione europea vuole avere spiegazioni e chiarimenti. Ma cosa diavolo c’è da sapere oltre a quello che è sotto gli occhi di tutti: le compagnie low cost di low cost non hanno più nulla e la famosa “Generazione Erasmus” con cui avevano costruito la loro narrazione di identità europea non può più viaggiare. Ryanair e non solo sono il frutto avvelenato di questa Europa, fatta di regole asimmetriche e di mercato intossicato.

Ricapitolando: avevano promesso la pace (e c’è una guerra da cui non sanno come uscire, una guerra che però è un buon pretesto per spendere tanti soldi in armi), avevano promesso “zero inflazione grazie all’euro”, avevano detto che “grazie all’Europa lavoreremo un giorno in meno per guadagnare come se avessimo lavorato un giorno in più” e potrei continuare con l’energia, l’immigrazione (di cui però ho già detto) e tanto altro, mi fermo con un’ultima stilettata: dovevamo fare l’Europa per poi sentirci dire che il mercato lo fa un algoritmo?