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La spallata del Regno Unito ai sostenitori del Gender: vietati i farmaci bloccanti della pubertà

Pubblicato il 13/03/2024 19:17 - Aggiornato il 13/03/2024 19:29

Un farmaco capace di bloccare la pubertà, come è facilmente intuibile, non è da prescrivere con leggerezza. E così, nonostante in Italia vi sia una ben nota struttura, di cui ci siamo già occupati, che ne fa ampie prescrizioni, dal Regno Unito arriva un clamoroso dietrofront. Spieghiamoci meglio. Sebbene Londra sia stata pioniera nelle “cure” contro la disforia di genere, e con l’approccio essenzialmente ideologico che connota le tematiche del Gender, ha ora deciso per lo stop a tali farmaci.  I farmaci antipubertà, soprattutto la triptolerina, impediscono la crescita del seno o dei testicoli, bloccano il ciclo mestruale: il bambino o la bambina, in seguito, potrà proseguire nella transizione. Nei giorni scorsi il Servizio sanitario nazionale inglese (NHS) ha deciso di non offrire più i farmaci che bloccano la pubertà ai minori di 18 anni: “Mancano le prove a lungo termine sugli effetti dei bloccanti sui giovani”. Se ne accorgono solo ora? Ad ogni modo, d’ora in poi “le bambine e i bambini con disforia saranno supportati da esperti in neurodiversità, pediatria e salute mentale, con un approccio olistico alla cura”, fanno sapere dal Servizio Sanitario inglese. (Continua a leggere dopo la foto)
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regno unito stop farmaci che bloccano pubertà

La ricerca

Infine, è arrivata la “decisione storica”, come l’ha definita il premier Rishi Sunak, per tutelare l’interesse del bambino, le cui cure per la salute devono essere prese sulla base di “dati attendibili”. La decisione arriva dopo che un lavoro di revisione sui principali studi ha rilevato che “non c’erano prove sufficienti” della sicurezza o dell’efficacia. Questo studio (invero risalente al 2022 ma meglio tardi che mai, si usa dire), per conto del Servizio sanitario nazionale britannico, è stato guidato da Hilary Cass, che ha osservato come che il Gids, il reparto dedicato al trattamento della disforia di genere sui minori, della clinica Tavistock and Portman “non aveva raccolto dati consistenti, dimostrando l’impossibilità di tracciare accuratamente gli effetti che questi farmaci hanno sui giovani e sui bambini”. Questa struttura, inaugurata a Londra nel 1989, ha visto il numero dei pazienti passare da 138 nel 2010-11 a 2.383 nel 2020-21 e alcuni ex dipendenti, nel corso degli anni, hanno espresso preoccupazioni sull’eccesso di diagnosi di disforia di genere. Più che lo studio in sé, sono stati i riflettori della BBC (evidente esempio di servizio pubblico, come la Rai non è più da tempo) a portare alla luce le criticità dell’approccio. A fine marzo, è stato deciso, chiuderà il reparto presso la clinica Tavistock. (Continua a leggere dopo la foto)
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La denuncia di Keira

I bambini sottoposti a un bombardamento ormonale, da cui non si può più tornare indietro – e, come vedremo, molti poi se ne pentono – necessiterebbero piuttosto di un percorso psicologico data l’enorme portata di queste “scelte”. Abbiamo messo “scelte” tra virgolette perché a quell’età (età media 11-12 anni) è difficile avere una piena consapevolezza della propria identità di genere, anzi, chiamateci passatisti, ma secondo noi dovrebbero pensare a giocare a pallone o con le bambole. Infatti, emerge che in numerosi casi siano gli stessi genitori a invocare tale percorso per i bambini, forse frutto di un desiderio inconscio e narcisista. Lo scandalo scoppiò, ricorda La Nazione, per la denuncia di un ragazzo/a oggi nel 2020, di nome Keira, sottoposto/a alle terapie quando era appena 16enne, ciò che portò a diverse altre denunce, sino alla promozione della commissione di inchiesta del NHS britannico. (Continua a leggere dopo la foto)

In Italia

Di recente, come ricordavamo in apertura, anche in Italia si è assistito a una polemica simile che ha travolto l’Ospedale Careggi di Firenze. Secondo un team di esperti inviati dal ministero della Salute il 24 e il 25 gennaio, non a tutti i bambini o adolescenti affetti da disforia di genere è stato fatto seguire un percorso di psicoterapia, previsto per legge, prima di giungere all’assunzione del farmaco triptorelina volto a bloccare la crescita di ormoni e a inibire i cambiamenti fisici.

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