Al Giuseppe Conte esultante che ha commentato la proposta della Commissione Europea con orgoglio, rivendicando lo sforzo fatto per convincere Bruxelles a tendere finalmente una mano all’Italia, andrebbero spiegate almeno un paio di cosette. La prima, innanzitutto, è che difficilmente il Consiglio Europeo approverà un piano del genere, con l’Olanda che ha già messo le mani avanti chiarendo di essere contraria. Serve un’unanimità che non arriverà mai, e inevitabilmente il risultato finale sarà molto meno soddisfacente di quanto promesso. Non solo.
Innanzitutto, a preoccupare sono le tempistiche di un aiuto che potrebbe arrivare tardissimo, quando ormai la stragrande maggioranza dei buoi saranno fuggiti dalla stalla. 500 miliardi, di cui 82 destinati all’Italia, sui quali difficilmente sarà possibile mettere le mani prima dell’1 gennaio 2021, sempre sperando che le trattative finali non portino via ulteriore tempo prezioso. Poi, basta prendere la calcolatrice per rendersi conto che il grande sforzo dell’Europa non è poi, in realtà, tale. Come sottolineato già da diversi analisti, rimasti puntualmente inascoltati, l’Italia riceverebbe 27 miliardi l’anno, l’1,5% del Pil. Cifra alla quale, per onestà, andranno però tolti i soldi che nel frattempo voleranno verso Bruxelles sotto forma di rimborsi dovuti.
Il risultato finale è che il saldo a nostro favore dovrebbe aggirarsi intorno a una cifra non troppo superiore ai 20 miliardi. Ecco, allora, che di colpo il grande bazooka promesso dall’Ue si trasforma in una pistolina o poco più. Mettendo anche in conto le nefaste previsioni che vogliono il nostro Paese avviato, a causa della crisi, verso un rapporto debito/Pil del 160% ed ecco che i sorrisi dovrebbero saggiamente lasciare posto a una più ragionevole apprensione. Non bastasse, ci sono anche incognite da chiarire come il prossimo bilancio 2021-2027, che anche a causa dell’uscita del Regno Unito, che ha di fatto eliminato uno dei contributori, potrebbe anche farsi più pesante del precedente per le nostre casse.
C’è poi il problema della destinazione di tali fondi. Come anticipato da Giuseppe Liturri su La Verità, la parte più rilevante degli aiuti sarà sottoposta alla specifica condizione di assoggettamento al quadro normativo del Semestre europeo e dovrà essere di sostegno alle riforme e agli investimenti pubblici. Il tutto fermo restando la necessità di convincere la Commissione della bontà della destinazione delle somme, per poterle ottenere. Per non parlare del fatto che gli sforzi di oggi ricadranno probabilmente sulle generazioni di domani: l’Ue ha già messo in conto maggiori entrate a partire dal 2027. A guardarlo così, insomma, questo Next Generation Eu non pare proprio questo grande affare. Qualcuno, però, dovrebbe prendersi la briga di spiegarlo a Conte.
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