x

x

Vai al contenuto

Prove tecniche di Mes. I Paesi frugali ci ‘consigliano’ cosa fare

Pubblicato il 17/07/2020 16:53 - Aggiornato il 18/07/2020 09:46

Molto chiaro il concetto. Loro ci concedono i soldi  tramite accesso al Recovery Fund, noi in cambio dobbiamo garantire l’attuazione di riforme strutturali. Ovviamente le riforme vengono imposte da loro. Per quanto riguarda l’Italia, ad essere al centro delle ‘pretese’ sono le due riforme cruciali del governo gialloverde: quota 100 e reddito di cittadinanza.

Il Fatto Quotidiano riferisce quelle che sembrerebbero le condizioni del ‘ricatto’ cui ci costringe l’ Europa. Ancora una volta l’Unione europea, anzi, per meglio dire l’Unione dei Peasi del Nord a trazione germanica, decide per noi. 

Ieri sera fonti europee hanno riferito che «l’accordo è ancora lontano», come se nel frattempo le imprese non stessero chiudendo, i posti di lavoro scomparendo, gli incassi drasticamente diminuendo, proprio come se ci fosse tutto il tempo del mondo per poter consentire agli Stati membri, duramente colpiti dall’emergenza economica, di poter impedire lo sfacelo.

A bloccare l’avanzamento delle trattative, tre punti critici su cui gli Stati non hanno trovato l’accordo. Vengono menzionati dal giornale e riguardano: l’entità e la distribuzione delle risorse tra contributi a fondo perduti e prestiti, le condizioni per accedere ai fondi, e poi la governance, ossia chi vigila su questo piano. 

I quattro Paesi frugali (Olanda, Svezia, Danimarca e Austria) chiedono che i sussidi a fondo perduto passino dai 500 miliardi, proposti inizialmente, a 400 miliardi; chiedono che i Paesi che riceveranno sussidi a fondo perduto o prestiti si impegnino ad attuare una serie di riforme strutturali -ovviamente il piano delle riforme deve seguire le raccomandazioni indicate dalla Ue per ciascun Paese- ; chiedono che sia il Consiglio europeo la governance al controllo del progetto, mentre i Paesi del Sud vorrebbero che fosse la Commissione europea, una guida più neutra, a prendere le redini.

Cosa aspettiamo? A cos’altro ancora dobbiamo sottostare? Non c’è tempo da perdere. Ogni giorno in più di permanenza all’interno di questa Unione è un giorno in meno che l’Italia ha di tornare a risplendere. L’Italia che oggi più che mai paga amaramente la mancanza della propria sovranità monetaria.