La Commissione Ue ha espresso le ennesime riserve su alcune norme dell’Italia per il via libera alla terza tranche dei fondi europei del Pnrr. Nessuna sorpresa. Il principio di Bruxelles è sempre lo stesso, fondato sul ricatto e sulla tecnica dello strozzino. Il Pnrr, infatti, non è altro che l’ennesimo cappio messo al collo dell’Italia. Ci prestano i soldi in cambio della nostra sovranità. Di volta in volta un pezzetto in più, fino a che saranno loro a decidere anche i più piccoli dettagli. Il Pnrr non risolve nulla dal punto di vista economico, ma serve più che altro a ipotecare per gli anni a venire le politiche dei Paesi europei, di fatto arrivando al loro definitivo commissariamento da parte delle istituzioni europee. Delle tre riserve espresse dalla Commissione due sono su norme volute da Draghi, una dalla Meloni. Ma cosa contesta l’Ue? (Continua a leggere dopo la foto)
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Il primo provvedimento che non piace ai funzionari europei porta la firma dei ministri delle Infrastrutture, Matteo Salvini, e dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. E si tratta del “regolamento recante disciplina per il rilascio di concessioni di aree e banchine” negli oltre 300 porti italiani. Proprio in nome del principio di competizione tra operatori inserito nel Pnrr, il regolamento doveva definire i criteri di assegnazione e individuare la durata delle concessioni, invece il testo non fissa una durata massima e consente alle Autorità portuali di prorogarle fino a 5 anni. E così Bruxelles non solo ha bocciato questa scelta, ma ha chiesto anche un’altra cosa: sull’assegnazione delle concessioni deve vigilare un’autorità indipendente. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il secondo punto che non va bene all’Europa è la questione stadi. Il problema principale è lo stadio della Fiorentina, l’Artemio Franchi di Firenze. La Commissione non è convinta della coerenza tra i finanziamenti stanziati dal governo Draghi e gli obiettivi del Pnrr dedicati a inclusione e coesione sociale. Stessi dubbi sul “Bosco dello Sport” di Venezia, che aveva ottenuto 93,5 milioni dal Pnrr, ma anche qui è stata contestata l’incompatibilità con gli obiettivi europei. Infine, l’altra misura su cui la Commissione ha sollevato dubbi è quella del cosiddetto teleriscaldamento, o district heating, di cui si parlava già nel Pnrr di Draghi nel 2021, con un assegno da 200 milioni. Ma cosa è? E perché non piace a Bruxelles? (Continua a leggere dopo la foto)
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No dell’Ue anche al teleriscaldamento
Sono i 29 progetti ammessi alla graduatoria, ma il nuovo governo, guidato da Giorgia Meloni, la settimana scorsa ha fatto sapere che Bruxelles “ha messo in dubbio l’ammissibilità di alcuni interventi selezionati” per il teleriscaldamento. Il problema – Spiega Il Fatto Quotidiano – riguarda il fatto che sia stata prevista l’incentivazione della cosiddetta “cogenerazione ad alto rendimento” (Car), che include l’uso del gas: “L’Ue preferisce ci si limiti alle rinnovabili. L’Italia ora potrebbe avere due attenuanti: la prima è che non ha mai nascosto le sue intenzioni sulla Car, la seconda è che nella recente direttiva Ue sull’efficienza energetica le vengono riconosciuti sostegni fino al 2030”.
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Dunque, cos’è davvero il Pnrr
I soldi del Pnrr, insomma, si rivelano principalmente un’esca. Parliamo di ben 528 condizioni che servono non alla ripresa economica dell’Italia ma a rafforzare i vincoli europei, a rendere più facili sfratti e pignoramenti, a insistere con le privatizzazioni forzate (soprattutto nella Sanità, sull’onda lunga dei favori a Big Pharma) e smantellare le tutele sul lavoro. Fanno finta di darci denari in cambio della nostra sovranità. Ecco il Pnrr, ecco l’Europa.
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