Una storia, purtroppo, simile a tante altre che abbiamo raccontato. Ma, pur se non inedita, non è certo meno grave. Inoltre, in questo caso, la donna che dovrebbe aspettare sino alla fine del 2025, praticamente due anni, per degli esami specialistici, è affetta da un tumore. Alla donna bergamasca, in cura con la pastiglia antitumorale e ancora sotto osservazione, alcune settimane fa sono stati prescritti quattro esami diagnostici a cui si deve sottoporre entro la data del prossimo consulto. Sulle ricette che ha ricevuto dal medico specialista la classe di priorità indicata è la “P”, che significa esame “programmabile”, per prestazioni da erogare entro 120 giorni. Eppure, questa è la denuncia ricevuta dalla Cgil di Bergamo da parte di B.S. – queste le iniziali della paziente. Allo sportello a cui si è rivolta le è stato, dunque, riferito che i primi posti disponibili per i quattro esami saranno a fine 2025; costretta a rivolgersi al privato, le hanno fissato le visite per due giorni dopo, ovvero domani 7 marzo, al costo di 422 euro: “È chiaro che in Lombardia se un paziente ha i soldi vive, se uno non li ha, rischia la vita”, ha dichiarato B.S. (Continua a leggere dopo la foto)
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Attesa di 2 anni… o 2 giorni, ma a pagamento
L’alternativa alle prestazioni della Sanità pubblica, in teoria garantita universalmente dalla Costituzione, secondo uno schema che purtroppo si ripete spessissimo, è di rivolgersi ai privati, dunque a pagamento, e allora niente liste d’attesa o continui rinvii. I continui e scellerati tagli alla Sanità, ormai amministrata con criteri manageriali come una qualsiasi azienda, producono questo e altri emblematici casi di malasanità. I quattro esami prescritti erano una mammografia, un’ecografia mammaria, un Rx torace e un’ecografia dell’addome completo che la donna avrebbe dovuto fare entro la prossima visita oncologica. Lei stessa ha raccontato che, fino a poco tempo fa, per effettuare questi esami c’era un’attesa di circa 6 mesi, perciò ha deciso di attivarsi il prima possibile. Ma, come detto, l’attesa era di quasi due anni. “Pur essendo io esente totale da ticket“, ha spiegato la donna, “mi troverò a sborsare in totale 422 euro”. Stando a quanto stabilito dalla normativa regionale – segnatamente dalla Delibera della Giunta Regione numero 2672 del 16 dicembre 2019 – nel caso in cui la struttura a cui si rivolge il cittadino non ha disponibilità di erogare la prestazione entro i tempi previsti dalla specifica priorità, il Responsabile Unico Aziendale per i tempi di attesa si deve attivare per trovare altre strutture in grado di rispettare i tempi indicati sulla ricetta medica. (Continua a leggere dopo la foto)
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L’appello
Se questo non fosse possibile, la struttura scelta è “tenuta a erogare la prestazione con oneri a proprio carico chiedendo al cittadino di riconoscere il solo valore relativo al ticket se non esente”. E dunque, come si legge sul sito primabergamo: “Invitiamo i cittadini a rivendicare il proprio diritto alla salute e a farsi sentire, scrivendo alle Asst a cui si sono rivolti per fissare esami e visite – è l’appello di Carmen Carlessi della segreteria dello Spi-Cgil di Bergamo – e in protesta a richiedere, secondo la normativa vigente, che venga garantita l’erogazione della prestazione indicata dalla propria ricetta entro i tempi della classe di priorità. Non si può obbligare la popolazione a rinunciare alle cure, non si può ledere un diritto universale”.
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