Ormai è un bollettino quotidiano, quello che riguarda i venti di guerra fra Russia e Stati Uniti. Le dichiarazioni forti, lontane da qualsiasi tentativo di diplomazia, si susseguono. Come se qualcuno avesse l’interesse a soffiare sul fuoco. E le domande delle persone comuni, sempre più sconcertate da ciò che sta accadendo, restano in buona parte senza risposta. Perché questa corsa verso lo scontro? Cosa non sappiamo? Oggi è il generale americano David Petraeus, ex capo della Cia e comandante in capo durante le missioni in Iraq e Afghanistan, a rilasciare al nostro Federico Rampini e al Corriere della Sera dichiarazioni che in parte seguono la linea di narrazione americana delle ultime settimane. Affrontando però anche un altro argomento di grande importanza: le prossime elezioni americane e le conseguenze del voto. Trump appare favorito, e questo può essere un motivo di preoccupazione o di speranza, a seconda di come la si voglia vedere. (continua dopo la foto)
“Vladimir Putin non si fermerà all’Ucraina”, esordisce Petraeus, ripetendo un mantra già ascoltato molte volte dalle sue parti. “La Moldavia, la Lituania potrebbero essere le prossime. Le sue ambizioni si estendono ben oltre l’Ucraina”. Ecco, viene da chiedersi di quali informazioni disponga l’intelligence americana. Perché delle due l’una: o sanno qualcosa che a noi è tenuto segreto, o questa è solo un’ipotesi che vuole giustificare la condotta “bellica” che sembra caratterizzare sempre più l’operato della Nato a guida Usa. In ogni caso non c’è da stare tranquilli. “Vi ricordo che Putin ha detto che il peggior evento del XX secolo è stato la dissoluzione dell’Unione sovietica”, prosegue il generale. “Sta cercando di riassemblare i pezzi dell’Urss e del Grande Impero con i mezzi più disparati. Non dobbiamo illuderci che si fermerà. Questa è la ragione per cui noi tutti dobbiamo sostenere l’Ucraina”. (continua dopo la foto)
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A Rampini, che chiede quali saranno le conseguenze per l’Europa, Petraeus risponde che “la sicurezza della Nato comincia al confine russo-ucraino, non ai confini dei Paesi Nato”. Per poi affrontare il tema principale della politica interna Usa: “Tanti sono i fattori che determineranno il corso della guerra”, dice. “Tra questi anche i risultati delle prossime elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Io sono apolitico. Ma posso dire che se l’attuale presidente fosse rieletto ci sarebbe un certo grado di continuità. L’attuale amministrazione ha svolto un lavoro credibile nell’elaborazione di un approccio globale e integrato nei confronti della Cina, per garantire che la deterrenza sia solida nella regione indo-pacifica. Così come in generale nella risposta all’Iran”. Considerando che Russia, Cina e Iran stanno per compiere un’esercitazione militare congiunta, abbiamo qualche dubbio su questo punto. In ogni caso, l’ex Capo della Cia ha analizzato anche le conseguenze di un’elezione di Donald Trump. (continua dopo la foto)
Petraeus è convinto che anche se venisse eletto il presidente Repubblicano, in politica estera ci sarebbe una sostanziale continuità con l’attuale amministrazione. Però “la sfida con Trump, ancora una volta, è un certo grado di imprevedibilità. Come si è visto, ad esempio, quando durante la sua presidenza le nostre forze vennero ritirate dalla Siria e poi rimesse in campo dopo pochi giorni”. L’ultimo pensiero riguarda la situazione in Medio Oriente. Biden ha sbagliato a farsi risucchiare da una crisi in quella parte del mondo?, chiede Rampini. “Ci sono un gran numero di interessi in quella zona”, è la risposta del generale. “Libertà di navigazione, forniture di gas e petrolio. La regola numero uno in Medio Oriente è aver chiaro chi sono ituoi amici e chi i tuoi nemici. L’Iran rientra nella categoria dei nemici”. L’ex capo della Cia conclude con un auspicio: “La parola migliore sarebbe riequilibrio. Possiamo concentrarci meglio sul più importante scenario del mondo, dove avviene il confronto più significativo: tra la Cina, da una parte, e gli Stati Uniti e i nostri alleati dall’altra. Ma dobbiamo sempre tenere gli occhi aperti sulla situazione in Medio Oriente”.
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