Giorgia Meloni si trova alle prese con le prime trappole della sua carriera da premier appena iniziata. E il riferimento non è tanto agli alleati, che pure non hanno mancato di creare qualche tensione nella maggioranza fin dalla vittoria alle elezioni, quanto piuttosto a quell’Europea sempre meno amica e sempre più insidiosa. I falchi della Banca Centrale Europea stanno infatti cercando di spingere l’istituto a vendere i titoli acquistati dal 2015 in avanti per sostenere l’economia. Uno scenario che terrorizza i Paesi ad alto debito, a cominciare proprio dall’Italia, che rischia di ritrovarsi con lo spread alle stelle in una sorta di remake della crisi del 2011, che costò il posto a Palazzo Chigi a Silvio Berlusconi. Come spiegato da Nino Sunseri sulle pagine della Verità, Olanda e Germania spingono per il cosiddetto “Quantitative Tightening” (QT), ovvero la vendita dei titoli in portafoglio della banca centrale per far salire i tassi e abbattere l’inflazione. Christine Lagarde ha già anticipato di voler mettere il tema sul tavolo al direttivo di metà dicembre. (Continua a leggere dopo la foto)
Una partita complicata, per Giorgia Meloni. Che si troverà tra l’altro a fare i conti anche con Ursula von der Leyen, che ha di recente spiegato di attendersi “nei prossimi mesi diverse richieste di emendamento dei Pnrr nazionali, compreso quello dell’Italia”. Richiesta che al momento non risulta mai partita da Roma. (Continua a leggere dopo la foto)
Il presidente della Bundesbank Joachim Nagel è addirittura andato oltre, in queste ore, chiedendo lo stop dei reinvestimenti: “Dovremmo iniziare a ridurre le dimensioni del portafoglio bond all’inizio del prossimo anno, senza effettuare più riacquisti di titoli in scadenza”. Sempre dalla Germania, attraverso l’agenzia di rating Scope, è arrivata poi un’esortazione a fare presto. (Continua a leggere dopo la foto)
Germania e Olanda, insomma, premono per avviare già nei primi mesi del 2023 un programma di cessione dei titoli governativi che si trovano nel portafoglio per effetto delle operazioni di sostegno monetario avviate a partire dal 2015. Meloni ha così la conferma, ce ne fosse ulteriore bisogno, di non essere molto amata dalle grandi cancellerie europee.
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