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La censura che contamina tutti

Pubblicato il 29/08/2024 09:36

“Potete rimuovere la bandiera?”, ordina il presidente del consiglio comunale di Fiumicino. “E’ una sciarpa” , gli rispondono. , riprende il presidente. Le cui parole sono “irrobustite” dal sindaco di Fiumicino, l’ex ministro Mario Baccini: “Se la metta ar c..o, se la metta”.
La bandiera era quella della Palestina. E il clima si era fatto incandescente per colpa di una mozione di solidarietà chiesta dall’opposizione di centrosinistra a sostegno del popolo palestinese. Niente, quella mozione e quel minuto di silenzio sono diventati la miccia di una bagarre in aula consigliare e dove quella bandiera è diventata un simbolo da censurare pure a chi tra i pubblico chiedeva conto di quella chiusura. “Se la metta ar c..o” sbotta Baccini, che di esperienza politica ne ha parecchia e che appartiene a Forza Italia, partito moderato nonché del ministro degli Esteri, Tajani. No, quella bandiera e quel popolo imbarazzano, debbono sparire, nonostante i massacri.


Poche ore prima era stato il centrosinistra a mettere il bavaglio a Povia, perché cantante conservatore, di destra e persino no vax, espressione che non vuol dire più nulla alla luce del fatto che le maggiori contestazioni adesso arrivano da persone che si erano fatte il vaccino e che oggi lamentano – inascoltati e nemmeno rimborsati per le visite di controllo – effetti avversi. Povia non deve cantare. Perché la musica, l’arte, in generale la cultura sono addensante politico e se le tue idee non mi piacciono debbono sparire. “Povia si lamenta perchè gli hanno cancellato 40 concerti? Si faccia una domanda…” , bullizza il sindaco piddino di Nichelino, alle porte di Torino. Il che non è diverso dal bullismo del moderato Baccini quando invita gli oppositori a mettersi nel didietro la bandiera della Palestina. Un bullismo fine a se stesso.


La censura contagia tutti perché viviamo una stagione di certezze in cartongesso che non reggono di fronte al confronto serrato, che quindi va addomesticato con le migliori intenzioni: accetto il dialogo ma non con chi mette in discussione questo e quest’altro. E allora che confronto è? Sulle tonalità di grigio? Se una democrazia non riesce a tollerare nemmeno più la dose minima di dissenso è una democrazia ammalorata.


Il capo di Meta, Mark Zuckerberg, ha ammesso di aver ceduto alle pressioni fatte dall’amministrazione Biden perché venissero “censurati” contenuti su Facebook e Instagram durante la pandemia da Covid. Ha ammesso di essersi piegato al volere della Casa Bianca su post che ponevano alcuni dubbi e dunque ha oscurato e cancellato pagine e gruppi. Il problema è che quelle scuse non hanno senso se oggi non rivede gli algoritmi e le policy sul fact checking. Zuckerberg ancora una volta imbroglia le carte: chiede scusa ma non modifica ciò che ancora oggi blocca punti di vista diversi.


Lo stesso accade sulla questione delicata degli scambi tra la presidente della Commissione Ue, Von Der Leyen, e i vertici della Pfizer, facendo venir meno la trasparenza: non si può sapere nulla. Idem sul sabotaggio del gasdotto Nord Stream, un’arteria che era nevralgica per l’approvvigionamento energetico in Europa: davvero ci dobbiamo bere questa cosa che gli artefici furono quattro amici al bar un po’ sbronzi e ribelli?
E più in generale fino a quando dobbiamo berci la favola che i Buoni sono anche santi, detentori della Verità assoluta e per questo intoccabili? E poi ci vengono a fare i pistolotti sul fascismo.