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“No all’obbligo di Green pass, pronti a bloccare il porto”: scatta lo sciopero a Trieste

Pubblicato il 11/10/2021 16:00

I lavoratori del porto di Trieste dicono no all’obbligo di Green pass, un ricatto di Stato voluto dal governo Draghi e che non ha paragoni nel resto d’Europa. Sulla scia delle proteste che hanno infiammato l’Italia, contro un certificato trasformato in requisito necessario addirittura per poter lavorare, ecco così arrivare la notizia di uno sciopero indetto per il 15 ottobre, quando lo scalo rischierà di rimanere completamente paralizzato.

"No all'obbligo di Green pass, pronti a bloccare il porto": scatta lo sciopero a Trieste

L’annuncio è arrivato da Stefano Puzzer, portavoce del Coordinamento Lavori Portuali Trieste (Clpt): “Al momento su 950 lavoratori portuali il 40% non ha il Green pass. Il 15 ottobre se sarà obbligatorio il Green pass, bloccheremo il porto. Non si entrerà. Tra noi lavoratori siamo compatti”. I dettagli della manifestazione sono stati definiti durante una riunione avvenuta all’ingresso del molo VII, che ha precisato le modalità con cui andrà in scena la giornata di protesta contro l’obbligatorietà del certificato.

“L’adesione dei lavoratori del porto allo sciopero di oggi si attesterebbe attorno all’80%” ha specificato Puzzer, che ha ribadito la richiesta fatta al governo di ritirare il Green pass. Come ricostruito dal Corriere della Sera, già a fine settembre l’associazione di categoria aveva espresso “all’unanimità in assemblea, presenti un centinaio di lavoratori sui mille rappresentati, la contrarietà assoluta alla norma”.

Per precisa volontà del governo Draghi e dei partiti che lo sostengono, dal 15 ottobre i lavoratori saranno obbligati, così come in tutta Italia, a mostrare il Green pass all’ingresso del porto. In caso contrario, non potranno accedere alla struttura. Il Coordinamento in passato aveva anche chiesto a più riprese l’introduzione di tamponi salivari gratuiti per i dipendenti: “Il Green pass non è una misura sanitaria, ma una misura di discriminazione e di ricatto che impone a una parte notevole dei lavoratori di pagare per poter lavorare”.

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