Un caso clamoroso, quello che vede finire l’Oms e il ministero della Salute per la cancellazione dell’ormai famigerato dossier in cui si evidenziava come il nostro Paese, al momento dell’esplosione dell’emergenza Covid-19, non avesse un piano pandemico aggiornato. Anzi, quello di riferimento era addirittura fermo al 2006 e non era mai più stato implementato. E così, per evitare lo scandalo, il documento era stato fatto sparire nel nulla dopo un’iniziale pubblicazione. Su ordine, come provato dalle chat mostrate durante la trasmissione Non è l’Arena condotta da Massimo Giletti su La7, del potentissimo Ranieri Guerra, vicedirettore vicario dell’Oms.
Nei messaggi scambiati tra Ranieri Guerra e Silvio Brusaferro, ex capo dell’Iss oggi membro del Cts, ecco emergere come proprio il numero due dell’Oms si sarebbe adoperato per far rimuovere il dosseri e censurare il prima possibile il caso, onde evitare imbarazzi notevoli al ministero della Salute Roberto Speranza. Con tanto di prese in giro a Zambon, che come ricordato dallo stesso Giletti alla fine “ha scelto di andarsene dall’Oms e rinunciare a un alto compenso, perché rimanendo al suo posto avrebbe corso il rischio di essere cacciato. Una scelta di dignità”. Non bastasse, ecco emergere anche la notizia di minacce ricevute dal conduttore in merito alla vicenda.
Nell’affrontare il tema del report cancellato su ordine di Ranieri Guerra, Giletti ha infatti rivelato: “Che Paese è il nostro? Un Paese in cui i giornalisti che fanno le domande vengono minacciati, questa è la verità, io sono stato minacciato anche su questa storia, perché quando si chiamano i vertici di questo gruppo sono minacce. E chi sa e ci sta guardando sa a chi mi riferisco. Quando mi occupo di strutture commissariali e si ricevono avvocati ogni giorno, ogni settimana, solo perché si ha il coraggio di porre domande nel silenzio degli altri, questo non lo posso accettare. Non lo posso più accettare”. In un intervento successivo, ecco arrivare un riferimento ancora più esplicito.
Giletti ha infatti poi puntato il dito contro l’ex commissario straordinario all’emergenza Covid Domenico Arcuri, una delle figure più ingombranti del governo Conte, sottolineando come in conferenza stampa fosse solito minacciare i giornalisti di Non è l’Arena ricordando che “molti sono stati già querelati”. Poi, ecco spuntare tra le conversazioni incriminate un passaggio, una frase più che esplicita pronunciata da Ranieri Guerra in merito alla censura del dossier: “Sto verificando un paio di siti e social media dove il documento potrebbe essere ancora accessibile per chiudere tutto”. Una censura rigorosa. Dalla quale il ministro alla Salute Roberto Speranza deve ora prendere le distanze in maniera netta. Assuma nel suo staff, come suggerito dal leader di Italexit Gianluigi Paragone, Zambon, il ricercatore umiliato soltanto per aver fatto il suo lavoro. Oppure si dimetta, una volta per tutti.
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