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Fisco, pagamenti e rincari. Ecco cosa spaventa le imprese

Pubblicato il 01/11/2021 18:06 - Aggiornato il 07/12/2022 18:38

Di Gianluigi Paragone.

Anche l’altro giorno mi sono ritrovato nel mezzo di una discussione tra piccoli imprenditori. Nessun talk show. Ma una sana chiacchierata al bar, davanti al caffè. I temi veri e le preoccupazioni di questa gente non gira attorno al green pass, per quanto il lasciapassare intasi le discussioni di palazzo. <E’ una rottura di scatole in più da dover gestire, come se già non bastasse la burocrazia normale>.

Per carità i talebani del Green Pass esistono e non ne fanno mistero ma sono parecchi anche coloro che pensano al rovescio della medaglia. Nei capannoni si ragiona sempre con diffidenza verso le scelte del Palazzo, è una diffidenza che tocca anche Mario Draghi. <Davvero si stanno adoperando per consentirci di rialzarci?>, mi dice guardandomi negli occhi con tono sarcastico.

In breve, ciò su cui molti piccoli imprenditori iniziano a confrontarsi tra loro segue questo ragionamento: <Il governo ha varato il green pass per farci lavorare, va bene; ma il fine è farci riprendere dai mesi di chiusura o il fine è farci pagare quel che abbiamo tenuto sospeso nel lockdown? Insomma tutto questo serve a loro o serve a noi?>. Il nuovo timore che si sta alimentando è proprio quello di fare i conti con le tasse che tornano a girare nel pieno delle aliquote, con le cartelle esattoriali che tornano a bussare e con le banche che possono rivendicare il puntuale pagamento delle scadenze, <perché ormai siamo aperti a pieno regime>. In poche parole, la liquidità e gli incassi finiscono col pagare il conto del Covid e non per star dietro alla crescente domanda del mercato.

<La domanda c’è eccome, stiamo andando a ritmi impressionanti>, spiegano. <Tanto che se fosse anche un solo lavoratore che mi resta a casa per protesta al green pass, nella mia piccola azienda si fatica. Quindi glielo pago io>. Così fanno in tanti? <Ma certo, fossero questi i problemi. In televisione non state capendo che il problema non sono i lavoratori che protestano; quelle cose ce le risolviamo tra di noi. Per non perdere i lavoratori!>. E quali sono i problemi, chiedo. <Il paradosso di avere domanda ma rischiare di non soddisfarla. Per soddisfare la ripartenza della domanda noi dobbiamo essere puntuali nel pagamento dei fornitori, dobbiamo stare coperti per il rincaro straordinario e impressionante dell’energia, dobbiamo controllare non solo il costo delle materie prime ma soprattutto la disponibilità delle stesse. E come se non bastasse hai tutto la solita vecchia compagnia di giro che ti bussa alla porta, con spada di Damocle del durc sopra la nostra testa>. 

La compagnia di giro è il modo elegante per chiamare il fisco – nazionale e locale -, per chiamare Agenzia delle Entrate e le banche. <Tutti vogliono essere pagati per paura che la domanda rallenti. La nostra economia viaggia quando siamo noi piccoli a spingere; qui in tanti temono che al di là delle chiacchiere i soldi del Pnrr noi non li vedremo: arriveranno ai soliti, come sempre>.

Questo è un pezzo d’Italia, che ancora si ferma a parlare al bar partendo dal green pass e superandolo dopo cinque minuti perché <i problemi seri, voi in parlamento non li capite mai>. Questo è un pezzo d’Italia che non ha ancora capito che il parlamento non conta più un tubo. <Allora parlane in tivù perché ci siamo rotti le scatole di sentirvi parlare di green pass. Le nostre preoccupazioni sono altre>.

Ps. Il racconto che riguarda ristoranti, locali e bar, lo faremo un’altra volta. Anticipo che questa gente è ancora più nera: <Se fosse dipeso dai loro ristori avrei chiuso, adesso con la scusa del green pass è come se mi ritrovassi il fisco sull’uscio tutto il tempo>. Già, era il nero da sopravvivenza che permetteva di respirare…