
Continuano gli sviluppi, le presunte svolte, i depistaggi e gli intrecci nel caso di Emanuela Orlandi. Ora, un nuovo capitolo. Che però tanto nuovo, a quanto pare, non è. Si tratta di un filone che porterebbe direttamente dentro la famiglia della ragazza scomparsa a 15 anni il 22 giugno del 1983. Un filone che ha tutta l’aria di essere un nuovo depistaggio, con l’intendo di spostare l’attenzione dagli ultimi sviluppi. Nello specifico al centro di tutto ci sarebbe lo zio di Emanuela, Mario Meneguzzi (oggi defunto), l’uomo che per la famiglia Orlandi inizialmente mantenne i rapporti, telefonicamente, con le persone che sostenevano di aver sequestrato la ragazza. La procura Vaticana ha consegnato delle carte alla procura di Roma in cui si apre – fanno sapere il Tg di La 7 e Repubblica – questo nuovo scenario. Il carteggio risale al settembre 1983, quando la 15enne risulta scomparsa già da tre mesi. E cosa c’è scritto? (Continua a leggere dopo la foto)
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L’allora segretario di Stato Agostino Casaroli scrive un messaggio (per posta diplomatica) a un sacerdote inviato in Colombia da Wojtyla. Il sacerdote è stato confessore degli Orlandi. Quindi, come riporta Repubblica, gli viene chiesta conferma del fatto che Natalina, sorella maggiore di Emanuela, gli ha rivelato di essere stata molestata dallo zio Mario Meneguzzi. L’uomo è il marito di Lucia Orlandi, sorella di Ercole, padre di Emanuela Orlandi. Il segretario di Stato riceve conferma di questo episodio: “Sì, è vero, Natalina è stata oggetto di attenzioni morbose da parte dello zio, me lo confidò terrorizzata: le era stato intimato di tacere oppure avrebbe perso il lavoro alla Camera dei Deputati dove Meneguzzi, che gestiva il bar, la aveva fatta assumere qualche tempo prima”, la risposta dalla Colombia. (Continua a leggere dopo la foto)
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Emanuela Orlandi e la pista che porta allo zio Mario Meneguzzi
Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, però non accetta questo nuovo filone, e anzi crede che dietro ci sia dell’altro: “Sono arrabbiato, furioso. Hanno passato il limite come non mai e con l’avvocato Sgrò sto organizzando per domani una conferenza stampa. Non possono scaricare le responsabilità di tutto su una famiglia. Non pensano ai parenti, ai figli? No, questa carognata non può passare così. Nessuno ha chiamato né me, né mia sorella, né i figli di mio zio. Non siamo stati chiamati dalla Procura di Roma. Mi auguro che questa commissione parlamentare parta e svergogni chi oggi miserabilmente ci ha infangato”, conclude Pietro. L’avvocato Sgrò poi precisa: “Di questa vicenda (dello zio Mario Meneguzzi, ndr) si era già occupata la magistratura italiana nei primi anni Ottanta senza arrivare ad alcun esito. Spero che queste non siano le uniche carte, che non sono affatto una novità, che la procura Vaticana ha inviato alla procura di Roma”. Ma non è tutto. (Continua a leggere dopo la foto)
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Già, perché il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro, è stato vittima di un bruttissimo attacco, un’azione nella notte, quasi certamente mirata. Gli hanno squarciato tutte e quattro le gomme della macchina. Il blitz sarebbe avvenuto nella notte tra il 5 e il 6 luglio. L’auto era parcheggiata a poche centinaia di metri da casa sua. Come scrive il Corriere, il danneggiamento è stato denunciato alle forze dell’ordine: il fatto che l’auto di Pietro Orlandi sia stata l’unica a essere presa di mira e che le altre auto parcheggiate vicino non siano state neppure sfiorate porta a ritenere che si sia trattato di un’azione mirata, da parte di qualcuno che evidentemente conosce alcuni dettagli della vita privata di Pietro.
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