Per molti si tratta di una grande comodità, ma per tanti altri, magari per le persone più anziane e meno aduse alla tecnologia, rappresenterà un problema la nuova Identità digitale verso cui si sta inesorabilmente marciando. Dunque, già dal prossimo 6 luglio le Pubbliche amministrazioni saranno obbligate a verificare se è stato fornito un recapito di Posta elettronica certificata, il cosiddetto “domicilio digitale”. Cartelle esattoriali, rimborsi fiscali e detrazioni d’imposta, accertamenti, multe e avvisi: sarà tutto comunicato via Pec. Lo scorso 6 giugno è nato l’Inad, acronimo per l’Indice nazionale dei domicili digitali, in cui i cittadini possono registrare un indirizzo Pec utile per ricevere tutte le comunicazioni ufficiali da parte della Pubblica amministrazione. Addio, dunque, alla vecchia raccomandata, e a nostro avviso non è detto che sia un bene: a differenza di quanto avviene con la posta cartacea, il destinatario non riceve alcun avviso di ricezione della corrispondenza. Il risultato è questo: se non si consulta con regolarità la propria casella Pec non si potrà sapere di aver ricevuto neppure una multa. (Continua a leggere dopo la foto)
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Come funziona l’Inad
Sinora le notifiche online delle cartelle e delle multe erano obbligatorie solo per chi detenesse una partita Iva, professionisti, imprenditori e società. L’Inad ed è una sorta di “Pagine gialle” delle email, nel senso che tutti i cittadini – non solo i professionisti per cui la norma, come detto, era già in vigore – potranno registrare il proprio domicilio digitale. Dal 6 di luglio, quindi, le Pa prima di inviare una raccomandata dovranno verificare preventivamente se il cittadino abbia indicato un recapito certificato su Inad, considerato che, al momento, l’adesione all’Inad stesso è solo su base volontaria. In tale evenienza, la comunicazione con valore legale dovrà essere inviata digitalmente all’indirizzo indicato. Varrà anche per il servizio di riscossione delle imposte comunali. (Continua a leggere dopo la foto)
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Fonte: Il Mattino
L’obiettivo del “domicilio digitale”
“Si tratta di un canale semplice e immediato per ricevere le comunicazioni ufficiali da parte della Pa – ha dichiarato il sottosegretario con delega all’innovazione tecnologica, Alessio Butti – con un risparmio significativo di tempi e costi”, come leggiamo sul Corriere della sera. L’indice nazionale dei domicili digitale, previsto dal Piano triennale per l’informatica nella Pa varato alla fine del 2017, è frutto della collaborazione tra Agid, il Dipartimento per la trasformazione digitale della presidenza del Consiglio e Infocamere, la società delle Camere di commercio per l’innovazione digitale, che ha realizzato la piattaforma. Un sistema di comunicazione centralizzato che, nelle intenzioni, dovrebbe essere più efficiente, automatizzato e sicuro, perché costa meno, cancella gli oneri di spedizione e garantisce che la comunicazione andrebbe a buon fine. (Continua a leggere dopo la foto)
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La registrazione e l’accesso
Per eleggere il proprio domicilio digitale occorre dapprima accedere al portale dedicato al servizio e registrarsi attraverso SPID, CIE (Carta d’identità elettronica) o CNS (Carta nazionale dei servizi). Poi, il sistema chiederà di inserire il proprio indirizzo Pec da eleggere come domicilio digitale. Ma, lo ripetiamo, il rischio è che le comunicazioni giungano a nostra insaputa, se non consultiamo periodicamente la nostra eventuale Pec, specie se rimangono le tradizionali tempistiche di pagamento e riscossione: se il contribuente paga entro 5 giorni dalla notifica può ottenere uno sconto del 30% sull’importo richiesto. Se passa alla casa tra il sesto giorno e il sessantesimo è chiamato a pagare la cifra intera. Oltre i 60 giorni va incontro alla procedura di riscossione dell’ente pubblico.
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