L’orrenda fine della sventurata Giulia Cecchettin ha caricato di ulteriori significati la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, celebrata ieri con decine di cortei e manifestazioni in tutta Italia. Quella di Milano, ove 30mila persone si sono radunate sotto l’insegna “Il patriarcato uccide”, ha visto una presenza inattesa. E non parliamo di Chiara Ferragni – che della visibilità a tutti i costi ha fatto una ragione di vita e, soprattutto, di guadagno – ma del suo bodyguard. Non si è ben capito da chi dovesse difenderla, in un tale contesto. Certo, se tutte le donne avessero una guardia del corpo personale, l’orrida piaga della violenza di genere, degli stupri e dei femminicidi non conoscerebbe statistiche talmente allarmanti. A nostro avviso vi è una doppia ipocrisia della “imprenditrice digitale” che promuove per le proprie followers (adolescenti ma anche bambine, e parliamo di milioni di ragazze), ogni giorno, attraverso i social, l’effimero valore dell’apparire, una precoce sessualizzazione e la relativa pochezza culturale; la seconda ipocrisia risiede nel fatto che la nota influencer è notoriamente la moglie di Fedez, i cui testi, come abbiamo scritto, trasudano un testosterone malato, con invettive violentissime, volgari e sessiste contro le donne, la cui figura è completamente svilita. Un “Patriarcato 2.0”, potremmo dire. (Continua a leggere dopo il VIDEO)
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I commenti (indignati) dei followers
Lei, ovviamente sponsorizzando in maniera non tanto occulta i griffatissimi occhiali da sole che inforcava – la pagano per questo, d’altronde –, ha assunto toni elevati: “È un dovere di tutti quanti essere qui. Sono qui da cittadina e dovremmo esserci tutti in questa piazza oggi”. E ancora, si è detta “commossa”: “È stato un momento importante”. Poi, l’appello: “Per Giulia e tutte queste donne non facciamo un minuto di silenzio ma bruciamo tutto“, riprendendo le parole di Elena Cecchettin, sorella della vittima di Vigonovo. In Largo Cairoli, la Ferragni esponeva un cartellone con scritto, in inglese e non si capisce il perché, “We should all be feminists” (“Dovremmo essere tutti femministi”). Tuttavia, il fatto che a dircelo sia chi erotizza la donna e ne surroga il valore negli abiti firmati, nel make-up, nella ostentazione del lusso e del denaro, lascia interdetti. E non soltanto noi: infatti, tale comparsata ha suscitato più di una polemica, per i motivi espressi e per la presenza di un bodyguard che ne certifica l’evidente mitomania. Lei stessa, sul suo account Instagram da milioni di follower, ha postato diversi scatti dell’evento. “Il bene si fa in privato, non in pubblico”, è stato uno dei commenti dei suoi followers. (Continua a leggere dopo la foto)
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I brani sessisti di suo marito
“In Italia, oggi più che mai, c’è bisogno di parlare e di fare qualcosa di concreto contro la violenza maschile sulle donne”, è ciò che aveva scritto sui social, come riporta Il Tempo. Insomma, il messaggio è corretto, ma chi lo veicola (a nostro avviso, sia chiaro) non pare proprio la persona più indicata, perché la violenza passa dapprima attraverso le parole. Ed è precisamente per questo motivo che Codacons ha chiesto appena l’altro giorno, riferendosi a Fedez e a certi suoi colleghi, di “ritirare dal commercio e oscurare su web e social network le canzoni di rapper e trapper che contengono frasi sessiste e incitano all’odio e alla violenza verso le donne”.
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