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Caso Vannacci, cosa ci sarebbe davvero dietro la rimozione del generale: “Scoppia il caso uranio impoverito”

Pubblicato il 23/08/2023 21:27 - Aggiornato il 24/08/2023 22:18

Parliamo ancora del generale Roberto Vannacci e facciamo un passo indietro, ma non al 10 agosto, data di uscita del suo libro che ha suscitato enormi polemiche, ma addirittura al 13 marzo del 2019. Infatti, vi è un aspetto pressoché taciuto di questa vicenda, e che sta venendo fuori in queste ore. Quattro anni fa, Vannacci, oggi rimosso dal suo incarico all’Istituto geografico militare, aveva denunciato pubblicamente, in un esposto alla Procura della Repubblica di Roma e al Tribunale militare della capitale, l’esposizione all’uranio impoverito come causa di innumerevoli casi di tumori o leucemie fulminanti nei soldati italiani di ritorno dalle missioni in Iraq (lo stesso Vannacci ne ha guidato più di una), citando le ben 400 tonnellate di proiettili a uranio impoverito sparate durante le due guerre del Golfo, quella del 1991 e quella del 2003. L’uranio impoverito, naturalmente, è molto dannoso anche a distanza di anni e ha contaminato anche l’intero teatro in cui ha, poi, operato il contingente di peacekeeping, sicché Vannacci, in occasione del servizio prestato in Iraq dal 2017, avrebbe chiesto molteplici volte di intervenire, sino all’esposto contro i vertici del Comando operativo interforze (COI), l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, che è dal 2021 è il Capo di Stato Maggiore della Difesa, e contro il generale Gaetano Zauner. (Continua a leggere dopo la foto)
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L’esposto del 2019 e le 150 sentenze sull’uranio

Proprio due tra coloro che, tra i vertici militari, hanno stigmatizzato le considerazioni e le riflessioni personali di Vannacci espresse nel libro, e che evidentemente ne hanno avallato l’“avvicendamento”, leggasi “rimozione”. Lo stesso Cavo Dragone (foto in basso) è stato tra i primi a contestare aspramente contestato l’operato del generale. Ora, non ci permettiamo di suggerire l’ipotesi della ritorsione, ma va detto che l’Italia è un Paese con la memoria corta: della vicenda, all’epoca, si occupò anche il Fatto Quotidiano. Nel suo esposto, il generale Vannacci ipotizzava “gravi e ripetute omissioni nella tutela della salute e della sicurezza del contingente militare italiano, costituito da migliaia di militari impiegati in Iraq e sottoposti, tra l’altro, all’esposizione all’uranio impoverito senza che alcuna informazione fosse fornita al riguardo e senza che alcuna mitigazione dei rischi fosse attuata”. Riferiva, ancora Vannacci, di aver ricevuto “documenti incredibili”, con la classifica di Riservato, dal generale di divisione aerea Roberto Boi, membro dello staff dell’ammiraglio Cavo Dragone, secondo i quali “non sussistevano allo stato indicazioni e/o informazioni che attestassero come certa la presenza di uranio impoverito in Iraq”. E denunciava pure le “pressioni” ricevute dall’ammiraglio. Magari qualcuno non ricorda, o non vuole ricordare, ma ben 150 sentenze hanno condannato la Difesa a pagare risarcimenti e indennità a militari che hanno contratto gravi malattie, per lo più leucemie e linfomi, a causa delle contaminazioni prodotte dall’uranio impoverito. L’Osservatorio militare dell’ex maresciallo Domenico Leggiero ha contato oltre 7.600 malati e 375 morti, come si legge su La Verità. Vannacci aveva anche accusato l’ammiraglio Cavo Dragone di aver mentito di fronte alla commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il generale sotto inchiesta

Sta di fatto che, da allora, il generale Vannacci, pluridecorato, non ha più ottenuto incarichi in missioni all’estero ed è rimasto relegato all’Istituto geografico militare. Tornando all’oggi, Roberto Vannacci è stato messo sotto inchiesta per verificare se ha violato le regole dell’esercito. Il generale sarà quindi sottoposto a un’indagine per controllare se ha violato il Testo unico dell’ordinamento militare.

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