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Calcio, siamo la nazione con più stranieri. Dalla Serie A alle scuole calcio, la radiografia di un fallimento

Pubblicato il 27/03/2022 11:25

Dopo la clamorosa sconfitta di Palermo contro la Macedonia del Nord diventa lecito, se non necessario, porsi delle domande sulla questione calcio a livello nazionale. Sono molte le analisi da fare in questa fase, iniziando dai dati a nostra disposizione. Le cause di questo fallimento sono diverse, ma non sono certo una sorpresa.
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I problemi del calcio italiano hanno origini antiche

È una storia vecchia quella degli stranieri nel calcio nostrano. Già nel 1953 Andreotti poneva il veto sul tesseramento di calciatori non italiani. Dal 1966 al 1980, causa Corea del Nord, la questione si è riproposta. Nel 2017 si è di nuovo tornati a parlare della questione. Ora, dopo aver perso in casa contro una nazionale attualmente al 67° posto nel ranking FIFA, il problema “stranieri” torna a tenere banco tra analisti e tifosi.
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Troppi stranieri in Serie A?

Se si guardano i dati dei tesserati la risposta è variabile. Secondo i dati Transfermarkt, in Serie A sono ben 343 gli stranieri, addirittura il 62% del totale. Per avere un’idea dell’importanza della cifra è bene fare un confronto con gli altri campionati. In Premier League sono 329 i giocatori non inglesi, cioè il 65,5 per cento del totale, meno a livello numeri ma di più a livello percentuale. Negli altri campionati europei di rilievo, però, nessun altro ha dati simili: la Ligue 1 ospita il 54% di calciatori non francesi, la Bundesliga il 54,4% di giocatori non tedeschi, nella Liga si scende addirittura al 43,6 per cento di tesserati non spagnoli.
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Pochi italiani poco valorizzati

Gli italiani selezionabili sono pochi? Forse sì, ma dando uno sguardo agli altri campionati non sembra essere quello il problema principale. Proprio la Nazionale di Roberto Mancini ha, inizialmente, avuto il merito di “pescare” diversi ragazzi cresciuti nei nostri vivai e nelle selezioni giovanili, fino a lanciarli nel calcio dei grandi. Zaniolo è stato il primo (poi condizionato dai problemi fisici), ma anche Raspadori, Tonali, Scamacca e molti altri rappresentano esempi concreti del coraggio avuto dal ct.

Il problema è anche in Primavera

“C’è poco materiale umano selezionabile”, parola del presidente Figc Gabriele Gravina. Nelle ultime ore si sono sprecate le frasi sul tema: “Ci sono troppi stranieri nelle giovanili”, “Non insegniamo più calcio” e ancora “Ai giovani il calcio non interessa più”. A guardare bene i numeri queste esternazioni sembrerebbero del tutto motivate, a partire dal fatto che solo il 42,81% dei giocatori che compongono le nostre formazioni Primavera e che hanno ottenuto un contratto professionistico sono stranieri, con il dato che sale al 64% per i giocatori della nostra Serie A, come abbiamo visto prima.

Una gestione da rivedere

Un altro problema è quello della gestione dei giovani, che ci sono ma non riescono ad essere sfruttati al meglio. Fin da piccoli le certezze sono poche, com’è poca la libertà di sperimentare per strada e nei campi di provincia, anche perché il numero dei campi pubblici è sceso di molto negli anni. Gli allenatori? Esclusi quelli dei centri federali, dallo Stato non sono considerati neanche “professionisti”. Il problema ha radici profonde e i ragazzi non vengono motivati abbastanza da quel Sistema che dovrebbe fornire più opportunità di professionismo e professionalità fin dai livelli più bassi.

Ripartire dai giovani

I giovani italiani vogliosi di calcio non mancano. Ridiamo ai giovani un pallone fra i piedi, prendiamoci di nuovo la responsabilità di farli sentire liberi di giocare. Individuiamo e sfruttiamo i talenti nati per strada o in quegli oratori che hanno reso grandi le nazionali del passato. Così facendo potranno magari anche essere resi più forti e pronti al salto dai professionisti dei settori giovanili e scolastici. Dobbiamo dare una svolta per valorizzare i nostri talenti, altrimenti i risultati saranno deludenti anche in futuro.

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