Il professor Alessandro Barbero, storico e amatissimo divulgatore dei social e della tv, è finito al centro delle polemiche, mazzolato dall’intero Sistema, perché “reo” di aver firmato un appello contro il Green Pass. Dopo il “Caffè” di Gramellini che lo ha “picchiato” in prima pagina, il Corriere ha pensato bene di sentire il diretto interessato per conoscere le ragioni che lo hanno spinto a firmare quell’appello insieme a tantissimi altri colleghi universitari: “Qualcuno – spiega Barbero – mi presenta come un superstizioso fanatico contrario ai vaccini. Ma nell’appello si dice chiaramente che molti firmatari sono vaccinati, me compreso”. (Continua a leggere dopo la foto)
Nell’intervista rilasciata a Roberta Scorranese, Barbero spiega: “A me sembra che l’appello che ho firmato sia chiaro: non si parla affatto dell’utilità dei vaccini. Il problema che mi preoccupa è l’obbligo del green pass per gli studenti che dopo aver pagato fior di tasse universitarie sono esclusi dalle lezioni se non hanno il certificato. Anche se in verità una preoccupazione più generale nel manifesto c’è: il lavoro in generale. Non si tratta di essere indifferenti alla sicurezza di chi lavora, ma ci sono misure umilianti di cui è impossibile vedere l’utilità”. Quali? (Continua a leggere dopo la foto)
Spiega Barbero: “Penso a quegli operai o poliziotti che non possono mangiare in mensa seduti accanto ai colleghi, con i quali, però, hanno lavorato fianco a fianco fino a un minuto prima. La frase più importante dell’appello è la prima: siamo preoccupati perché la disposizione vigente ‘estende, di fatto, l’obbligo di vaccinazione in forma surrettizia per accedere anche ai diritti fondamentali allo studio e al lavoro, senza che vi sia la piena assunzione di responsabilità da parte del decisore politico’”. E qui il professore smaschera la grande magagna. (Continua a leggere dopo la foto)
“Il governo – conclude Barbero – ritiene di poter togliere alla gente diritti fondamentali, neppure civili o politici, ma umani, come quello di accedere a un ospedale o a una lezione universitaria, e considera la cosa irrilevante, tanto da non far sentire una parola per dire almeno che è preoccupato e dispiaciuto di doverlo fare, e senza prendersi la responsabilità di rendere obbligatorio per legge il vaccino, misura con cui io, sia pure non senza dubbi, alla fine sarei d’accordo”. (Continua a leggere dopo la foto)
Infine, l’attacco finale: “Vivere in un Paese in cui non si può salire su un treno o entrare in un ufficio pubblico o andare all’università se non si possiede un pezzo di carta che però — per carità! — non è assolutamente obbligatorio, è surreale e inquietante. Io sono un professore universitario e i miei datori di lavoro sono i miei studenti. Se io vedo che fra i miei studenti c’è preoccupazione e indignazione per l’obbligo del green pass per entrare all’università, io ho il dovere morale di esprimere la mia posizione”.
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