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“In Italia c’è un’emergenza tenuta nascosta”. Numeri drammatici: “3mila morti, ma si sarebbero potuti salvare”

Pubblicato il 01/06/2023 18:26 - Aggiornato il 01/06/2023 21:10

Nove decessi al giorno, solo in Italia. Numeri da epidemia, ed è una strage silenziosa e dimenticata quella legata ai disturbi alimentari al punto che, dal 2020, l’anno spartiacque che ha segnato una cesura delle modernità, il dato si è triplicato: le richieste d’appello al numero verde dedicato 800.180.969, inoltre, sono più che raddoppiate rispetto a 12 mesi fa. A complicare il quadro i tempi di attesa per la prima visita specialistica, che possono dilatarsi sino ai sei mesi, laddove in casi del genere occorrerebbe agire con la massima tempestività. Adesso un po’ di freddi numeri, che purtroppo restituiscono l’idea dell’emergenza e che riprendiamo dall’articolo di Elisa Forte per La Stampa: sono oltre 3 milioni i pazienti in cura (3.678.362 per l’esattezza, di cui 1,4 milioni di nuovi casi solo nel 2022). La metà soffre di anoressia, il 20,2% di obesità, il 19,9% di bulimia nervosa. Vi è, inoltre, anche un nuovo disturbo che gli specialisti hanno ribattezzato Arfid, acronimo inglese per il disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo, che investe l’1,9% dei pazienti e – soprattutto – delle pazienti, giacché stiamo parlando essenzialmente di giovani donne, vittime del sistema contemporaneo di disvalori e di una società orientata all’edonismo, al narcisismo, alla apparenza. (Continua a leggere dopo la foto)
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Le liste d’attesa

Sono in maggioranza le donne, come dicevamo, addirittura l’87%, a digitare il numero verde. Il 51% delle persone che si rivolge al servizio, in precedenza, non aveva mai chiesto aiuto. In accordo con i dati del 2022 del Rencam, Registro nominativo cause di morte, sono 3.158 i decessi annuali per disturbi alimentari: in media, come dicevamo, 9 al giorno. “Da dieci anni le terapie sono specializzate ed efficaci – afferma Laura Dalla Ragione, che dirige la Rete per i Disturbi del Comportamento Alimentare della Usl 1 dell’Umbria ed è docente al Campus Biomedico di Roma – Ma muore chi non è mai arrivato alle cure”. Proprio così, e questo è parimenti allarmante: laddove le strutture esistano, ecco le (solite) liste di attesa: per una prima visita c’è da aspettare oltre 6 mesi e altrettanto per i primi ricoveri. (Continua a leggere dopo la foto)
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16 anni, 34 chili

Ma c’è di più, di peggio, e ce ne eravamo già occupati. Qualcuno ricorderà la triste vicenda della mamma di una 16enne arrivata a pesare 34 chili, la quale si è rivolta a una delle pochissime strutture specializzate, nel viterbese, cui tuttavia la ragazza non può accedere perché la struttura residenziale accoglie solo i pazienti in pericolo concreto di vita, secondo i parametri molto rigidi della Asl di competenza, per quanto grave sia la situazione della 16enne.

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