Non esiste nella Costituzione americana, che anzi vieta categoricamente il carcere per chi non riesce a pagare i propri debiti (14 esimo emendamento). Ma negli Stati Uniti il “reato di povertà” è una realtà concreta, tangibile, sotto gli occhi di tutti. Mascherata sotto pratiche tanto spietate quanto purtroppo abituali, in un Paese talmente contraddittorio da ospitare allo stesso tempo un quarto dei miliardari di tutto il pianeta e 5,3 milioni di persone che, stando agli ultimi dati forniti dall’Onu, vivono in condizioni “da Terzo mondo”.
Un terra ricca di contrasti feroci segnata da una piaga occulta e pericolosa, quella che vede sempre più spesso le persone povere finire in carcere per la loro incapacità di pagare multe e piccoli debiti, finendo al centro di una spirale senza fine che le vede entrare e uscire dalle prigioni aggravando così ulteriormente una condizione economica già disastrosa. Vice ha realizzato sul tema un documentario in due parti dal titolo “Debtors’ Prisons: Life Inside America’s For-Profit Justice System” in cui racconta questa terribile ingiustizia.
Il principio è semplice quanto agghiacciante: quando un cittadino riceve una multa e non è in grado di pagarla, il giudice può accusarlo di essersi rifiutato volontariamente di dare soldi allo Stato, come previsto dalla legge. Condannandolo al carcere dietro cauzioni che l’arrestato non è in grado, ovviamente, di sostenere. Di conseguenza, anche se apparentemente non viene arrestato per il semplice reato di essere “povero”, nei fatti è così. “Spesso i giudici puntano il dito contro gli imputati pronunciando frasi come: vendi il tuo telefonino o la tua macchina per pagare le multe. Ignorando il fatto che quei pochi beni servono alle persone per lavorare e che non possono quindi obbedire alle loro indicazioni. Per tutta risposta, vengono così condannati al carcere”.
Un accanimento che va di pari passo con una maggior cattiveria delle forze dell’ordine, sempre più spietate nell’emettere multe per infrazioni stradali, barbecue abusivi in zone autorizzate e via dicendo, tutte trasgressioni di poco conto che però permettono di gonfiare le casse della municipalità locale. Ignorando il fatto che un pugno così duro spinge le persone già in povertà sul lastrico. Era il 2013 quando il sistema mostrava per la prima volta il suo lato oscuro: a St. Louis Country, Jennings, un ragazzo di 24 anni si era impiccato in carcere, stanco di finire continuamente dietro le sbarre per la sua precaria situazione economica. Da allora, purtroppo, non è cambiato niente.
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