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Tutta colpa del Lockdown. Ecco cosa c’entra il suicidio dell’ambasciatrice italiana con il covid

Pubblicato il 21/02/2022 18:21

Si è suicidata buttandosi dal balcone Francesca Tardioli, l’ambasciatrice italiana in Australia: era a casa sua a Foligno, da qualche tempo soffriva di depressione causata dalle severe restrizioni australiane contro il covid; la diplomatica aveva 57 anni e lascia due figli di 27 e 24 anni.
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Purtroppo di lockdown si può anche morire. La tragedia si è consumata nella città natale della diplomatica, dove stava trascorrendo un periodo di vacanza. Le prime indiscrezioni raccontavano di un incidente domestico, la donna, infatti, avrebbe perso l’equilibrio sporgendosi troppo dal terrazzo ma, con il passare delle ore, è alla fine emerso che si è trattato di un gesto volontario. La Farnesina l’ha subito ricordata con un tweet: «La ricorderemo con affetto per le sue ammirevoli qualità professionali e umane — sono le parole condivise da tutti i colleghi — una grande diplomatica e servitrice dello Stato». L’incidente è avvenuto nel pomeriggio di sabato.

Francesca era da sola nella sua abitazione, a dare l’allarme è stato un familiare che abita nello stesso palazzo ma non c’è stato nulla da fare. Seguiranno accertamenti più approfonditi da parte delle autorità competenti ma il quadro è già chiaro: quel volo nel vuoto sarebbe stato un gesto volontario, dovuto a un momento di particolare debolezza.

Le conseguenze delle restrizioni
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Come avevamo già raccontato in un nostro precedente articolo, il rischio di depressione è una seria realtà oggigiorno: l’allarme arriva dagli psicologi, i quali mettono in guardia sulle gravi conseguenze che la manipolazione mediatica, i lockdown e le misure restrittive possono portare al nostro benessere psicofisico. Fattori comunque ben chiari sin dall’inizio alle Istituzioni e ai mass media, che non si sono comunque minimamente riguardati dal perpetrare continue violenze piscologiche verso la cittadinanza.
In uno studio del settembre 2020 dell’Istituto Superiore di Sanità chiamato “Il fenomeno suicidario in Italia. Aspetti epidemiologici e fattori di rischio“, infatti, le conseguenze delle politiche che ci avrebbero accompagnato per altri due lunghi anni erano ben esposte, punto per punto, come riportiamo di seguito.

Senza pretesa di esaustività, tra i fattori di rischio specifici legati alla pandemia di COVID-19 si può elencare:

  • distanziamento sociale (che può aver aumentato l’isolamento e la solitudine, annullato i “contatti non intenzionali”, esacerbato problemi di salute mentale)
  • consumo di alcol (che può essere aumentato durante il lockdown nei consumatori “a rischio” e che è documentato aumentare nei periodi di crisi)
  • violenza domestica (che può essere aumentata durante il confinamento in casa e in seguito per l’insorgere/esacerbarsi dei problemi economici)
  • restrizione delle libertà personali
  • paura del contagio (paura di essere contagiati e/o di essere veicolo di contagio per gli altri)
  • stress e burnout per medici e operatori sanitari
  • ruolo della comunicazione (che può aver esacerbato paura e ansia)
  • riduzione dei servizi dedicati alla prevenzione e cura del disagio mentale e del suicidio o riduzione del personale ad essi dedicato
  • crisi economica con il conseguente aumento della disoccupazione e della precarietà e riduzione del reddito.

Tutto molto chiaro quindi, peccato che nessuno tra Governo e -cosiddetti- giornalisti si sia mai posto il minimo scrupolo sulle conseguenze del proprio operato.

La situazione australiana
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Nel caso specifico della diplomatica italiana, probabilmente, ha pesato in particolar modo la durissima situazione vigente in Australia, dove l’ambasciatrice rappresentava l’Italia e dove da tempo vigono alcune tra le misure restrittive più ferree di quell’emisfero. Ricordiamo infatti come Melbourne, capitale dello stato di Victoria con 5 milioni di abitanti, lo scorso agosto subiva l’imposizione dell’ennesimo lockdown a causa di soli 22 contagi. Molto probabilmente la conta delle vittime sarà destinata ad alzarsi e, plausibilmente, i danni derivanti dalla gestione pandemica si trascineranno per intere generazioni.