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Tremonti, “Così hanno distrutto la classe media”. La denuncia dell’ex ministro: “Ecco di chi è la colpa”

Pubblicato il 20/08/2023 12:32

Origina da lontano la crisi del settore immobiliare cinese, che preoccupa un po’ in tutto il mondo data la perenna interconnessione dei mercati, dovuta alla globalizzazione. Al di là del paradosso per cui le borse dipendano dalle sorti finanziarie di un Paese (in teoria) comunista, l’analisi che fa Giulio Tremonti, intervistato da Nino Nunseri per La Verità, si concentra sugli errori dell’Occidente, che è stato miope e superficiale nel promuovere “un’utopia che fa male”, ovvero la globalizzazione stessa. La enorme esposizione del colosso Country Garden e, al contempo, soprattutto, il default di Evergrande – indebitato per la mostruosa cifra di oltre 300 miliardi di dollari – sono la dimostrazione di un errore di fondo. Quale? L’ex ministro dell’economia e delle finanze nei governi Berlusconi fa un passo indietro e torna al 2002, allorché anche Pechino entrò nel Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio. (Continua a leggere dopo la foto)
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Una crisi che parte da lontano

Già quattro anni dopo, nel 2006, ancora Tremonti nel suo libro La paura e la speranza, fu profetico nel prevedere una crisi globale, che puntualmente si verificò nel biennio 2007-2008 a partire dal settore immobiliare statunitense e la relativa bolla dei mutui subprime concessi con colpevole leggerezza anche a chi non avesse meriti adeguati al credito. E così il Sogno americano della casetta con giardino e staccionata si trasformò in un incubo. “La crisi di oggi nasce in quel momento e non è finita” e già allora si sarebbe dovuto capire che “il meccanismo della globalizzazione stava generando mostri” e, inoltre, “negli stessi settori in cui si manifesta oggi: immobiliare e finanza”, ancora nell’analisi di Giulio Tremonti. Vi sarebbe, infatti, un filo rosso che collega la crisi del 2008 e quella cinese attuale: in quegli anni proprio la Cina, e in misura nettamente inferiore altri Paesi dell’Asia, si consolidava quale “Fabbrica del mondo”, a sua volta generando la precarizzazione del lavoro in Occidente. Sicché la disoccupazione e il welfare sempre più complicato da finanziare, e quasi dismesso, fecero sì che come “contentino” e come forma di “indennizzo” venissero erogati mutui a pioggia e date le case anche a chi non poteva permetterselo, è la riflessione di Tremonti. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il potere in mano a “tecnostrutture”

Adesso un ulteriore passo indietro, di decenni: quando scoppiò la crisi del 1929 Roosevelt rispose con il New Deal, istituì la Sec, ente di sorveglianza degli scambi di borsa, e varata la riforma bancaria che separava le banche commerciali da quelle di investimento. Mentre, nel 2008, si preferì agire “in maniera opposta”: le regole vennero di fatto abolite e le politiche monetarie divennero persino più permissive, perché c’erano le Banche centrali “a coprire il fabbisogno”. Dunque, il potere si è spostato ed è saldamente in mano a quelle che Giulio Tremonti definisce tecnostrutture, quali Bce in Europa e Fed negli Stati Uniti, con la conseguenza che “la politica non può che guardare”: i politici occidentali si stanno dimostrando “turisti della storia”. Ora, interpretando anche il pensiero di chi magari stia leggendo questo articolo e non abbia ancora individuato il nesso con la situazione cinese, Tremonti spiega come il Dragone abbia combinato una miscela esplosiva di capitalismo e comunismo, prendendo il peggio da entrambi, non potendo gestire appieno lo spostamento dalla industria alla finanza. La presenza fortissima dello Stato nella economia cinese è stata una distorsione delle politiche keynesiane, puntando ad esempio alla costruzione di intere città nell’interno del Paese, destinate a operai e lavoratori. Ma, complice il Covid, ora la febbre dell’immobiliare è terminata, infettando il testo dell’economia, non solo cinese. Basti pensare, come ricorda ancora Tremonti, che una delle sedi di Evergrande è nel Delaware, che è una sorta di paradiso fiscale negli Stati Uniti, per individuare il rischio del contagio e della reazione a catena. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il rischio contagio

L’intreccio perverso tra politica e finanza fa sì che, così come l’Olanda, la Germania sia in piena recessione: non può più importare il gas dalla Russia e non può rivendere le proprie auto in Cina. Lo stop della Germania, pertanto, “si riflette su tutta l’Europa, a cominciare dall’Italia”.

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