Quasi cinque milioni di italiani, vale a dire il 10% del corpo elettorale complessivo, non potranno votare alle elezioni politiche nazionali, essendo “fuorisede” per motivi di studio o lavoro, oppure dovranno spostarsi verso la propria città di residenza. A spese proprie, eccetto degli esigui rimborsi: il famoso viaggio della speranza, almeno nei casi in cui si debba scendere dal Settentrione al Mezzogiorno, molto mal collegato a livello logistico. Così facendo, dovranno necessariamente perdere alcuni giorni di lavoro o di università, motivo per cui molto spesso questa ampia platea non esercita giocoforza il proprio diritto di voto. In un Paese fortemente caratterizzato da una migrazione interna che va avanti da decenni. Però, costoro, in gran parte giovani tra i 18 e i 35 anni, potranno votare nella città in cui hanno il domicilio alle prossime consultazioni europee o per eventuali referendum. (Continua a leggere dopo la foto)
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L’iter della legge delega
Non appare ben chiara la ratio che ha ispirato la legge delega “in materia di esercizio del diritto di voto per i fuorisede”, o comunque in caso di impedimenti per motivi di studio, lavoro o cura, appena ieri approvata alla Camera dei deputati con 159 voti favorevoli. Dalla proposta di legge originaria “Voto dove vivo”, a prima firma Marianna Madia, sono stati soppressi, dunque, numerosi articoli. Se la legge delega verrà approvata – e, dati i numeri, pare pressoché certo – anche al Senato, il governo Meloni avrà poi a disposizione 18 mesi per formulare un decreto legislativo che ci auguriamo tenga conto di una tale discrasia, pur se la maggioranza ha già bocciato la proposta di estendere il voto ai fuorisede anche alle elezioni politiche. (Continua a leggere dopo la foto)
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Le possibili soluzioni
Si è colmato un vulnus legislativo per agevolare la partecipazione elettorale a studenti e lavoratori fuorisede, è vero, ma è palese che lo si sia fatto solo parzialmente. La soluzione, in realtà, sarebbe anche facile da individuare: così come avviene per gli italiani all’estero, occorrerebbe soltanto istituire anche per i fuorisede il voto per corrispondenza o, ancora, istituire in ogni circoscrizione un seggio elettorale dedicato ai fuorisede. Invece, così, entro 18 mesi l’Italia dovrebbe avere la propria legge sui fuorisede, “tutelandoli a metà” viene constato da Salvatore Toscano su L’Indipendente (Continua a leggere dopo la foto)
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Come funziona negli altri Paesi
E negli altri Paesi? In Austria, Germania, Irlanda, Regno Unito, Spagna e Svizzera si può votare per corrispondenza. In Belgio, Francia e Paesi Bassi è addirittura possibile delegare il proprio voto a un’altra persona. In Danimarca, Norvegia, Portogallo e Svezia c’è il voto anticipato, mentre in Estonia c’è quello elettronico.
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