
C’è un’intervista che sta facendo discutere. Purtroppo non quanto dovrebbe, visto che l’informazione in Italia, soprattutto sul fronte Covid, vaccini e farmaci è sempre più a senso unico. Si tratta di quanto ha detto il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, al Corriere della Sera. Le sue parole, tra gli altri, hanno lasciato perplesso il vicedirettore de LaVerità Francesco Borgonovo, il quale le ha commentate con un articolo sul suo giornale. “Chi come me ha fede nel progresso e nella scienza, non può che essere ottimista”, ha dichiarato Remuzzi, il quale poi si è lanciato nella venerazione del dio vaccino e nell’argomento Covid: “Il Covid ci sarà sempre, come l’influenza, e dobbiamo accettare questa realtà. Ma sta diventando endemico. […] I vaccini Rna-messaggero per il Covid durano poco”, dice. “Ma ora alcuni gruppi giapponesi utilizzano già una nuova tecnlogia per cui l’Rna si amplifica da solo, creando sequenze più lunghe che circolano nel corpo per un periodo molto più prolungato”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Aggiunge poi Remuzzi: “Occorre studiare a fondo gli eventuali effetti negativi, dei quali sappiamo ancora poco. Ma questa tecnica avrà ben presto applicazioni molto ampie, dall’influenza ai vaccini per il cancro, e un giorno potrebbe essere usata per insegnare al nostro organismo a produrre lui stesso proteine terapeutiche”. A questo punto commenta Borgonovo: “Suggestivo. Nei fatti, Remuzzi ammette che gli attuali sieri durano poco. E a proposito di quelli che potrebbero essere sviluppati in futuro ammette la non esistenza di dati certi sugli effetti collaterali. Tuttavia, qualche riga dopo, sembra dimenticarsi quel che ha appena dichiarato”. Infatti, parlando dell’ondata di scetticismo verso i vaccini, Remuzzi dice: “È semplicemente sbagliato. L’unico modo per combattere il Covid è il vaccino. Non ti protegge completamente dal contrarre l’infezione, ma dalla gravità della malattia”. (Continua a leggere dopo la foto)

Conclude Borgonovo: “Il mito del «vaccino contro il tumore» di questi tempi è fra i più apprezzati. Chissà, forse vista la disillusione diffusa riguardo alle inoculazioni le case farmaceutiche hanno interesse a proporre un orizzonte di salvezza più ampio e ambizioso (messianico, come si diceva). Così propongono il siero definitivo, quello che può evitare la morte per il male del millennio. […] Nei discorsi degli studiosi la parola «cura» sembra essere scomparsa. Quella per il Covid non si deve nominare manco per errore. Quella per il cancro non la si cerca: si punta direttamente sui vaccini. I quali, è cristallino, potranno – qualora si riuscisse mai a svilupparli – venire somministrati soprattutto ai sani, producendo un notevole risultato in termini di incassi. Nel frattempo, alla prevenzione che non sia medicalizzata non si accenna nemmeno”.
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