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“Impagnatiello presunto innocente”, Marco Travaglio surreale: il re dei forcaioli diventa “garantista”

Pubblicato il 07/06/2023 21:18 - Aggiornato il 08/06/2023 09:02

Forse Marco Travaglio ha qualche burlone che oggi si è spacciato per lui e ha scritto a suo nome un controverso editoriale, giacché la definizione “presunto innocente” non rientra, di norma, nella semantica del direttore de Il Fatto Quotidiano, il re dei giustizialisti e dei forcaioli. Eppure è tutto vero: “Presunzione d’impunità” era il titolo dell’editoriale dedicato ad Alessandro Impagnatiello. Ora, nonostante il “garantismo” cui Travaglio fa incredibilmente riferimento, l’assassino della sua fidanzata incinta, Giulia Tramontano, e dunque del suo stesso bambino ch’ella portava in grembo, non pensiamo meriti tanta considerazione: è stato un crimine orribile, il suo, efferato e aggravato. Invece dobbiamo leggere: “Come ogni delitto ‘comune’ (cioè estraneo al mondo del potere), anche l’omicidio di Giulia Tramontano confessato da Alessandro Impagnatiello sta mandando in cortocircuito l’impalcatura del ‘garantismo’ all’italiana”, è l’esordio delle argomentazioni del Travaglio, per il quale il garantismo all’italiana è fatto di “gargarismi e slogan insensati”. Dunque, nel caso del povero assassino e reo confesso Alessandro Impagnatiello, “nessuno si sogna di protestare per la pubblicazione di verbali e chat, di invocare il segreto o la privacy”. E qui l’ipocrisia raggiunge forse il suo culmine, se pensiamo che su tali pratiche si è sempre fondato l’afflato giustizialista, nonché l’intera carriera, di Marco Travaglio – pluripregiudicato per diffamazione – , soprattutto riferito a una certa parte politica. (Continua a leggere dopo la foto)
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travaglio impagnatiello presunto innocente

Le argomentazioni (forzate) di Travaglio

“A nessuno viene in mente di ricordare che il reo confesso è un ‘presunto innocente’: eppure – ancora nella parole scritte da Marco Travaglio – la Legge e la Costituzione sono uguali per tutti”. Da profani, e chiediamo scusa ai giuristi se sbagliamo, non sappiamo se tecnicamente un reo confesso sia esattamente da considerare un presunto innocente. Eppure, prosegue il Nostro: “Se al posto di Impagnatiello ci fosse un Vip, la stampa traboccherebbe di sdegno e il Parlamento di interrogazioni”. Non ci si crede. E ancora non è niente, allora proseguiamo nella lettura: “E figurarsi gli alti lai delle vergini violate se una conduttrice della Rai desse del ‘mostro’ a un tangentaro preso con le mani nel sacco: sparirebbe dal video per sempre. Invece Mara Venier l’ha detto del barista milanese, ed è morta lì”. Incredibilmente un direttore di giornale, costantemente impegnato nel dare lezioni di moralità agli altri, non ravvede la differenza tra un eventuale episodio di corruzione, di certo deprecabile, e un reato che ci pare un po’ più grave, come quello confessato dallo stesso Impagnatiello. Non a caso e giustamente appellato da più parti come Il mostro di Senago. (Continua a leggere dopo la foto)
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Ecco con chi ce l’ha davvero

Tirando dentro il suo ragionamento, invero un po’ forzato, il ministro Nordio, determinato a regolarizzare le intercettazioni e le loro relative pubblicazioni sulla stampa, il direttore de Il Fatto Quotidiano arriva a dire che, se trapelassero verbali e chat a riguardo di un personaggio pubblico, “dal ministero della Giustizia partirebbero ispezioni e azioni disciplinari contro i magistrati”. Sicché è il solito Travaglio, a ben vedere. Quale garantismo? Sembra tutta una scusa per scagliarsi contro il ministro della Giustizia e le riforme che intende intraprendere. E dunque, “c’è da interrogarsi sul motivo profondo del surplus di accanimento verbale, mediatico, voyeuristico che accompagna queste efferatezze”, è scritto, e fa specie che proprio il direttore del Fatto stigmatizzi “l’accanimento mediatico” verso “presunti innocenti”, quantunque rei confessi. Un articolo sostanzialmente inutile, quello di Marco Travaglio, se non per l’intento puramente provocatorio.

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