Forse Marco Travaglio ha qualche burlone che oggi si è spacciato per lui e ha scritto a suo nome un controverso editoriale, giacché la definizione “presunto innocente” non rientra, di norma, nella semantica del direttore de Il Fatto Quotidiano, il re dei giustizialisti e dei forcaioli. Eppure è tutto vero: “Presunzione d’impunità” era il titolo dell’editoriale dedicato ad Alessandro Impagnatiello. Ora, nonostante il “garantismo” cui Travaglio fa incredibilmente riferimento, l’assassino della sua fidanzata incinta, Giulia Tramontano, e dunque del suo stesso bambino ch’ella portava in grembo, non pensiamo meriti tanta considerazione: è stato un crimine orribile, il suo, efferato e aggravato. Invece dobbiamo leggere: “Come ogni delitto ‘comune’ (cioè estraneo al mondo del potere), anche l’omicidio di Giulia Tramontano confessato da Alessandro Impagnatiello sta mandando in cortocircuito l’impalcatura del ‘garantismo’ all’italiana”, è l’esordio delle argomentazioni del Travaglio, per il quale il garantismo all’italiana è fatto di “gargarismi e slogan insensati”. Dunque, nel caso del povero assassino e reo confesso Alessandro Impagnatiello, “nessuno si sogna di protestare per la pubblicazione di verbali e chat, di invocare il segreto o la privacy”. E qui l’ipocrisia raggiunge forse il suo culmine, se pensiamo che su tali pratiche si è sempre fondato l’afflato giustizialista, nonché l’intera carriera, di Marco Travaglio – pluripregiudicato per diffamazione – , soprattutto riferito a una certa parte politica. (Continua a leggere dopo la foto)
>>> Mario Giordano sbotta: Laura Boldrini ammutolita a Cartabianca
Le argomentazioni (forzate) di Travaglio
“A nessuno viene in mente di ricordare che il reo confesso è un ‘presunto innocente’: eppure – ancora nella parole scritte da Marco Travaglio – la Legge e la Costituzione sono uguali per tutti”. Da profani, e chiediamo scusa ai giuristi se sbagliamo, non sappiamo se tecnicamente un reo confesso sia esattamente da considerare un presunto innocente. Eppure, prosegue il Nostro: “Se al posto di Impagnatiello ci fosse un Vip, la stampa traboccherebbe di sdegno e il Parlamento di interrogazioni”. Non ci si crede. E ancora non è niente, allora proseguiamo nella lettura: “E figurarsi gli alti lai delle vergini violate se una conduttrice della Rai desse del ‘mostro’ a un tangentaro preso con le mani nel sacco: sparirebbe dal video per sempre. Invece Mara Venier l’ha detto del barista milanese, ed è morta lì”. Incredibilmente un direttore di giornale, costantemente impegnato nel dare lezioni di moralità agli altri, non ravvede la differenza tra un eventuale episodio di corruzione, di certo deprecabile, e un reato che ci pare un po’ più grave, come quello confessato dallo stesso Impagnatiello. Non a caso e giustamente appellato da più parti come Il mostro di Senago. (Continua a leggere dopo la foto)
>>> Crisi immobiliare in Europa, sta arrivando lo tsunami: cosa sapere
Ecco con chi ce l’ha davvero
Tirando dentro il suo ragionamento, invero un po’ forzato, il ministro Nordio, determinato a regolarizzare le intercettazioni e le loro relative pubblicazioni sulla stampa, il direttore de Il Fatto Quotidiano arriva a dire che, se trapelassero verbali e chat a riguardo di un personaggio pubblico, “dal ministero della Giustizia partirebbero ispezioni e azioni disciplinari contro i magistrati”. Sicché è il solito Travaglio, a ben vedere. Quale garantismo? Sembra tutta una scusa per scagliarsi contro il ministro della Giustizia e le riforme che intende intraprendere. E dunque, “c’è da interrogarsi sul motivo profondo del surplus di accanimento verbale, mediatico, voyeuristico che accompagna queste efferatezze”, è scritto, e fa specie che proprio il direttore del Fatto stigmatizzi “l’accanimento mediatico” verso “presunti innocenti”, quantunque rei confessi. Un articolo sostanzialmente inutile, quello di Marco Travaglio, se non per l’intento puramente provocatorio.
Potrebbe interessarti anche: Bibbia vietata a scuola, il politicamente corretto è una ossessione