Michele Ainis è uno dei più importanti costituzionalisti italiani: componente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, è un giurista di chiara fama al quale, di certo, non si possono muovere accuse di idee ‘no vax’ o di fantasie complottare. In un’intervista al Fatto Quotidiano, Ainis ribadisce – come già fatto per un contributo a Repubblica – la sua contrarietà allo strumento del Green pass, definito “un cappio al collo” per i non vaccinati. “Non è un giudizio di valore, è una constatazione” dichiara Ainis “prima la regola generale era la libertà di scelta, eccetto peri medici. Ora le regola è diventata l’obbligo di vaccinazione. Un obbligo mascherato. Le eccezioni sono sempre più esigue”.
“Si va verso il diniego di tutti i diritti del tempo libero: viene preclusa la socialità” insiste il costituzionalista “anche se non siano all’obbligo generalizzato, ci stiamo arrivando gradualmente. Siamo passati da una prima fase di persuasione a una seconda fase – quella dell’introduzione del green pass – di induzione. Ora siamo di fatto alla costrizione”. Ainis sostiene che dal punto di vista costituzionale non ci sono impedimenti espliciti ma, sottolinea, “la discrezionalità non significa capriccio o arbitrio. Non si può sparare ad una mosca con un cannone: la legge deve essere giustificata dal contesto”. E per lui, comunque, questo contesto non c’è: “Non ci sono le condizioni per l’obbligo vaccinale. Potrebbe creare problemi di ordine pubblico. Otto milioni di persone sono tanti. Non si fidano dello Stato perché ha dato cattiva prova di sé. Non sono otto milioni di fascisti ma otto milioni di italiani che diffidano del proprio Stato”.
E del super green pass, Ainis individua uno scopo ‘pedagogico’ del governo: “Si vuole abituazione gli italiani a una serie sempre più stringente di restrizioni, fino a che l’obbligo di vaccinazione, se ancora ce ne sarà bisogno, finirà per essere considerato naturale”. “A me non piace che i cittadini vengono trattati come bambini” dichiara il giurista. “Questo atteggiamento paternalistico è tipico dello Stato italiano e si riflette anche in questa fase di gestione della pandemia. Non ci sono profili di incostituzionalità, ma c’è comunque una forzatura evidente”. E per Ainis è chiaro dove sia: “La Costituzione stabilisce che per disporre i trattamenti sanitari obbligatori è necessaria una legge, non si può agire per decreto come ha fatto il governo. Quando incide sull’habeas corpus, come in questo caso, ci deve essere una riflessione pubblica e si deve passare per il Parlamento. Perché il decreto legge, in teoria, potrebbe non venire convertito in legge dalle Camere, ma intanto i suoi effetti li ha prodotti”. Per Ainis, in breve, si è creato un cortocircuito costituzionale agendo in questo modo: “Si agisce in un buco del tessuto normativo”. E detto da un giurista come lui questa frase non può che far temere il peggio per il futuro: in che spazio normativo si muove il governo Draghi, che confini ha, fino a dove può spingersi? Il timore è questo: che i limiti non ci siano affatto. (Continua dopo la foto)
Ma è sul lockdown dei non vaccinati che uno dei più illustri costituzionalisti italiani è molto chiaro proponendo una lettura che dovrebbe ispirare tutti quelli che per via legale intendono ostacolare l’operato liberticida del governo: “L’aspetto che mi disorienta è che ci vengono offerte cifre totali su decessi, contagi e posti in terapia intensiva, ma sarebbe molto più utile per l’opinione pubblica offrire non dati grezzi ma parcellizzati. Vorrei sapere sui 50mila contagi di questi giorni quanti hannodue dosi, quanti tre e quanti nessuna. Perché è sulla base di questo che si deve decidere. Ove risultasse che i contagiati sono in larga parte vaccinati, già questo indebolirebbe dal punto di vista di legittimità costituzionale la decisione di un lockdown mirato”.