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Scie chimiche per salvare il clima? Lo dice il Corriere della Sera. La ricerca che non passerà inosservata

Pubblicato il 03/10/2022 09:28

Le scie chimiche possono aiutare l’uomo nella battaglia per la preservazione della Terra? Una frase che, letta così, potrebbe sembrare poco più di una teoria complottista, di quell che gli scienziati respingono sempre con fermezza. E invece sono stati proprio gli esperti, stavolta, ad avanzare l’ipotesi che sia possibile contrastare il rapido riscaldamento della Terra, con la zona dell’Artico che sta viaggiando, in particolare, a una velocità doppia rispetto alla media globale nel rialzo delle temperature.

Entro il 2050, sostengono gli scienziati, il ghiaccio marino artico estivo potrebbe essere scomparso, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per l’intero pianeta. Una situazione catastrofica di fronte alla quale la semplice riduzione delle emissioni di gas non sembra più sufficiente. Come fare, allora, a “raffreddare” la Terra? Come riportato dal Corriere della Sera proprio in questi giorni, alcuni ricercatori della Cornell University hanno pubblicato i risultati del loro sorprendente studio sulla rivista Environmental Research Communications.

A ispirarli è stata la natura stessa, “in particolare le grandi eruzioni vulcaniche che immettono in atmosfera enormi quantità di polvere, cenere e spesso anidride solforosa (biossido di zolfo) che schermando il Sole riducono la temperatura in superficie”. Polvere e cenere hanno un effetto transitorio, visto che in poco tempo ricadono al suolo, mentre l’anidride solforosa si accumula nella stratosfera dove può rimanere fino a tre anni. In questo modo riflette molto più a lungo la radiazione solare, determinando un raffreddamento più duraturo. “Gli scienziati si sono allora chiesti se non fosse possibile applicare lo stesso principio”.

Per simulare l’effetto termoriflettente delle eruzioni vulcaniche, i ricercatori “hanno pensato alla Stratospheric Aerosol Injection (Sai), una tecnica con la quale aerei che volano ad alta quota rilasciano nella stratosfera anidride solforosa sotto forma di aerosol”. Il risultato? Basterebbe applicare questa tecnica alle sole regioni polari, iniettando nell’atmosfera 6,7 miliardi di kg di anidride solforosa l’anno per ciascun polo. In termini di tempo e denaro sono stati calcolati circa 15 anni per approntare la flotta e la logistica a terra e 11 miliardi di dollari all’anno per l’operatività”. Restano i problemi legati ai possibili effetti collaterali, ma secondo gli autori dello studio qualsiasi conseguenza sarebbe preferibile all’innalzamento dei mari, sempre più prossimo.

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