Con l’emergenza coronavirus in corso, continua il nostro approfondimento sullo “stato di salute” della sanità italiana. Se i nostri medici e i nostri infermieri sono un’eccellenza, di certo non lo è la classe politica che da 10 anni gli ha tagliato risorse, chiudendo ospedali e bruciando 43mila posti di lavoro pubblici. Il danno più grande lo ha fatto Mario Monti, come analizzavamo in un precedente articolo, ma la batosta finale lo hanno dato alcuni piani di rientro regionali. Il peggiore? Quello del Lazio di Nicola Zingaretti, attuale segretario del Partito Democratico. Il sistema è in palese sofferenza, soprattutto nelle aree interne e nelle zone di provincia. Mica a Roma.
Nel Lazio il rischio che il sistema non ce la faccia a reggere l’impatto è alto. Come analizza anche Sarah Gainsforth in un suo approfondito articolo pubblicato su Fanpage, “negli ultimi 9 anni sono stati sottratti al sistema sanitario nazionale circa 37 miliardi di euro, si legge nel rapporto Gimbe 2019. Tra il 2013 e il 2019 si registra una riduzione di 10mila posti letto per degenza ordinaria nelle strutture di ricovero pubbliche. Al 2016, il 30% dei posti letto del SSN è situato in strutture private accreditate, in aumento di 3,2 punti dal 2007. Per legge la dotazione dovrebbe essere di 3,7 posti letto ogni 1.000 abitanti ma la dotazione media è di 2,9 (dati 2017). La dotazione del Lazio rispecchia la media”.
E restiamo sul caso Lazio. Nel 2019 la sanità della Regione Lazio è uscita dal commissariamento. Una cosa positiva? Certo. Bravo Zingaretti. Ma chi ne ha fatto le spese? La sanità pubblica, appunto, e le tante aree interne che ora non hanno più le strutture sanitarie. “Secondo i dati del Ministero della Salute nel 2011 il Lazio aveva complessivamente 72 strutture di ricovero pubbliche, scese a 56 nel 2017, con un saldo negativo di 16 strutture. In particolare, nel 2011 il Lazio aveva 46 ospedali a gestione diretta, nel 2017 (ultimi dati disponibili) erano 33. A Roma il Forlanini, il Santa Maria della Pietà, il San Giacomo hanno chiuso; il San Filippo Neri, il Sant’Eugenio e il San Camillo sono stati ridimensionati”.
Lo smantellamento del settore pubblico favorisce quello privato, è logico. Ma l’esternalizzazione di funzioni che il settore pubblico rinuncia a svolgere continua ad essere finanziato dal pubblico. E questo è il vero paradosso Zingaretti. “Considerando che i fondi sanitari sono garantiti da una quota consistente di denaro pubblico sotto forma di spesa fiscale, e che buona parte di questa alimenta business privati, questo sistema di fatto si sostituisce al pubblico e spiana la strada alla privatizzazione”, si legge ancora nel rapporto GIMBE. La sanità pubblica ha bisogno di essere rimessa al centro. E ce ne rendiamo conto ora, in piena emergenza.
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