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Basta un po’ di tartufo e la pratica va giù: arrestati a Roma 14 imprenditori e funzionari per corruzione

Pubblicato il 21/11/2019 16:06

Sembra un film di Checco Zalone, ma è la pura realtà. Basta un po’ di tartufo e la pratica passa. Si è scoperto che a Roma sono arrivati ad utilizzare persino i tartufi (e gli smartphone) come nuove tangenti per accaparrarsi appalti per lavori pubblici. Lavori al Ministero e – udite udite – in tribunale. La Guardia di finanza ha arrestato 14 persone, quattro delle quali in carcere, e notificato 6 obblighi di presentazione all’autorità giudiziaria nei confronti di imprenditori e dipendenti pubblici che lavorano al Provveditorato interregionale delle Opere pubbliche, il Provveditorato dell’Amministrazione penitenziaria, l’Ater della Provincia di Roma, l’Istituto centrale per la formazione del personale della Giustizia minorile e l’Ufficio per i Servizi tecnico-giuridici del ministro dell’Interno. Tra gli imprenditori colpiti dalle misure cautelari c’è anche Franco De Angelis, nel 2015 coinvolto nell’operazione Vitruvio sull’interporto di Civitavecchia.

Come scrive Il Fatto Quotidiano, “soldi, lavori gratis nelle proprie abitazioni, prezzi scontati per l’acquisto di appartamenti, sponsorizzazioni per cambiare ufficio e far assumere familiari. Persino tartufi e smartphone in regalo. Tutto in cambio di affidamenti diretti che avrebbero dovuto essere a rotazione, ma in realtà finivano sempre agli stessi imprenditori. Che hanno così potuto effettuare lavori di ristrutturazione in uffici pubblici, persino dentro la Corte d’Appello di Roma e negli uffici della Procura in piazzale Clodio”.

Secondo il procuratore aggiunto Paolo Ielo, che ha coordinato l’inchiesta, gli indagati avevano ideato uno schema per aggirare la rotazione degli affidamenti a Roma: “i lavori erano formalmente assegnati a diverse società, ma in realtà ad eseguirli era sempre lo stesso imprenditore. In cambio denaro, ristrutturazioni gratis e acquisti di case a prezzi scontati”. Emblematica è un’intercettazione: “Se abbiamo i telefoni sotto controllo, ci arrestano tutti”, dicevano gli indagati. E in effetti così era. E così è stato.

“Tra i lavori assegnati in maniera illecita – stando alla ricostruzione dell’accusa – ci sono stati anche il completamento dell’impianto di climatizzazione e dell’antincendio della Corte d’Appello di Roma, in viale Giulio Cesare, e alcuni lavori edili negli uffici proprio della Procura di Roma”.

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