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Il padre non vuole vaccinare il figlio, il giudice gli dà ragione: la storica sentenza

Pubblicato il 10/03/2022 09:19

Voleva a tutti i costi far vaccinare i tre figli con i farmaci anti-Covid, nonostante il parere contrario del padre. Uno scontro tra genitori finito in tribunale, quello di Pistoia nello specifico, dove però il giudice Lucia Leoncini ha dato torto alla donna respingendo il suo ricorso. Accolta, invece, la documentazione del padre dei tre minori: per la prima volta in Italia, dunque, è stata riconosciuta la fondatezza dei dubbi circa l’opportunità di vaccinare dei ragazzini, correndo rischi per la loro salute visto l’utilizzo di vaccini “autorizzati ‘sotto condizione’ da parte dell’autorità europea, poiché non risulta completata la necessaria IV fase di sperimentazione”.

Nella sentenza riportata dalla Verità, il giudice Leoncini ha ricordato che nel foglietto illustrativo dei rispettivi vaccini, tanto Pfizer quanto Moderna indicano “che non è raccomandato nei bambini in età inferiore ai 12 anni” e per questo l’autorità giudiziaria “non può considerarsi ragionevolmente legittimata ad autorizzare l’utilizzo di un farmaco che l’autorità sanitaria a ciò preposta raccomanda di non utilizzare”. Questi farmaci anti-Covid, dunque, ai bambini non vanno dati. E la decisione, come specificato, è stata presa seguendo il criterio del “miglior interesse del minore”.

Pesando su un lato della bilancia i rischi e sull’altro i benefici di un’eventuale vaccinazione, il giudice ha così stabilito, sulla base dei dati forniti dall’Iss: “Il beneficio del vaccino nella fascia d’età considerata è la possibile riduzione di eventi che si sono verificati di media in meno di due casi su 100 mila contagiati e in meno di cinque casi su 1 milione di bambini per quanto riguarda il decesso”. Per quanto attiene ai ricoveri in terapia intensiva, l’incidenza è invece di “un caso su 10 mila contagiati e circa tre casi su 100 mila”.

In caso di contatto con il Covid, insomma, per la popolazione più giovane i pericoli sono pochissimi. Di sicuro non abbastanza da spingere un giudice a ordinare la somministrazione del vaccino con il rischio di eventi avversi, per quanto a loro volta rari. Anche perché la reale frequenza di queste conseguenze indesiderate, alle volte gravi, “non è nota” secondo il giudice. Il trattamento sanitario, dunque, non può essere considerato un bene per il minore in senso assoluto.

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