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“Paralizzato dopo la terza dose, l’Asl non mi cura”. Il dramma di Riccardo: “Così la mia vita è cambiata”

Pubblicato il 07/06/2023 09:02 - Aggiornato il 07/06/2023 15:20

C’è una parte del mondo della scienza e della politica che continua a negare il rischio di effetti avversi dopo la somministrazione dei vaccini anti-Covid, bollando come “no-vax” chiunque provi a esprimere un parere diverso. E poi ci sono storie terribili come quella del vigile del fuoco Riccardo Liburdi, 40 anni, padre di una bambina di un anno e mezzo e residente a Ceccano, in provincia di Frosinone. A raccontare come la sua vita è cambiata di colpo è stata Angela Camuso sulle pagine della Verità: “Il 22 gennaio 2022 stava lavorando per spegnere un incendio in un capannone e si era messo in ginocchio, la pompa in mano, quando si è reso conto di non riuscire più ad alzarsi in piedi”. Soltanto quattro giorni prima aveva ricevuto la terza dose. (Continua a leggere dopo la foto)
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riccardo liburdi terza dose

Già dopo la seconda dose di Astrazeneca, Riccardo Liburdi ha raccontato alla Verità di aver iniziato a sentirsi debole, facendo degli accertamenti. L’uomo, però, aveva cercato di scacciare dalla mente a ogni costo l’idea che potesse trattarsi delle conseguenze dell’inoculazione. Nessun medico, d’altronde, gli aveva accennato a questa possibilità, anche se allo stesso tempo nessuno aveva saputo fornirgli spiegazioni per i suoi problemi improvvisi. (Continua a leggere dopo la foto)

Pensando che fosse soltanto stanchezza accumulata, il vigile del fuoco si era così convinto a fare anche la terza dose. Da lì, però, la sua vita sarebbe cambiate per sempre. Dopo quelle difficoltà improvvise nel mettersi in piedi agli inizi di gennaio, Riccardo Liburdi avrebbe infatti smesso completamente di camminare, costretto a muoversi con un deambulatore. Nessuno, come spiegato dalla Verità, “ha saputo dirgli cosa avesse causato l’improvvisa paralisi degli arti inferiori”. (Continua a leggere dopo la foto)

riccardo liburdi terza dose

Alla fine a Riccardo è stata diagnosticata una malattia autoimmune e gli è stata prescritta per un po’ una terapia a base di immunoglobine endovena. Nonostante i miglioramenti, gli viene comunicato che non potrà continuare a seguire le cure, molto costose, fuori Regione. Cure che, però, gli sono state negate dall’Asl. Il farmaco di cui ha bisogno ha un prezzo di 90.000 euro l’anno. Ma di fronte al suo dramma in tanti continuano a voltare le spalle, forse per non ammettere la causa del suo dramma.

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