Protesta dei trattori, in marcia verso Roma – “Questo è un momento zero per la categoria”, ha dichiarato nel video che pubblichiamo un agricoltore in partenza, stamane alle 7, verso Roma. Con loro la giornalista d’inchiesta Raffaella Regoli, che nota, finalmente, la presenza della stampa e delle telecamere, ora che evidentemente non si può più volgere lo sguardo altrove, né parlare di “fascisti e No Vax” (!) come sobillatori delle proteste. I trattori marciano verso Roma. Non si arresta, anzi, la declinazione italiana della protesta nata in Germania e che sta contagiando mezza Europa. Le rivendicazioni degli agricoltori italiani sono le medesime di quelle dei colleghi francesi e tedeschi, incentrate contro le follie del Green Deal di Bruxelles e di tutte le follie “green” dell’Unione europea, con ulteriori richieste al governo italiano. Mentre scriviamo alcune decine di trattori del gruppo spontaneo “Riscatto agricolo” sono quasi alle porte della Capitale, lungo la via Nomentana, appena fuori dal Grande Raccordo Anulare, in attesa dell’arrivo di altri 300 o 400 trattori dalla Val di Chiana: entro giovedì pomeriggio dovrebbero, poi, confluire 1.500 mezzi agricoli da varie parti d’Italia. (Continua a leggere dopo il VIDEO)
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— Raffaella Regoli (@RaffaellaRegoli) February 5, 2024
Le richieste all’Europa
In 15 anni in Europa sono scomparse 5,3 milioni di aziende agricole. Di queste, quasi 600 mila erano italiane. I dati si riferiscono al 2005-2020: poi sono arrivate la pandemia, la guerra in Ucraina e la conseguente speculazione alimentare. Ma vediamo, dapprima, le richieste all’Unione europea, poi ci concentreremo sulle istanze indirizzate al governo Meloni. Già il primo febbraio un migliaio di automezzi ha “invaso” Bruxelles. Probabilmente la principale riguarda l’obbligo sancito dalla Politica agricola comune (Pac) di tenere “a riposo” il 4% dei terreni per destinarli a scopi non agricoli: condizione essenziale perché gli agricoltori possano accedere ai contributi comunitari, secondo quanto riportato dal sito UrbanPost. Inoltre, è previsto l’obbligo di effettuare rotazioni delle colture e di ridurre l’uso di fertilizzanti di almeno il 20%. Non è difficile immaginare quali conseguenze ciò possa comportare per gli agricoltori stessi. Un esproprio in stile sovietico in nome della biodiversità: la normativa allo studio è la legge sul Ripristino della natura, la Nature restoration law, proposta dalla Commissione europea nel giugno del 2022. Altro punto della protesta riguarda il divario tra quanto viene pagato ai produttori e il prezzo del prodotto venduto al dettaglio. Si chiedono, dunque, norme europee a tutela della intera filiera che va dal contadino sino alle nostre tavole, il riconoscimento di un prezzo minimo ai prodotti agricoli, che spesso vengono pagati solo una frazione di quel che è poi il costo finale sugli scaffali. È il caso del pollo ucraino. Gli agricoltori denunciano infatti che produrre alcuni prodotti in Ucraina, come il pollo, costa la metà che in alcuni Paesi europei. Secondo i manifestanti, non è una partita equa: le aziende agricole ucraine media misurano circa mille ettari; gli equivalenti europei solo 41. (Continua a leggere dopo la foto)
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Le richieste al governo italiano
Il punto principale riguarda l’esenzione dal pagamento dell’Irpef. Gli agricoltori, difatti, contestano che nella legge di Bilancio 2024 non siano state prorogate le agevolazioni per il settore agricolo: non è stata prorogata l’esenzione Irpef, che era stata introdotta nel 2016 per i redditi dominicali e agrari, cioè quelli relativi ai proprietari dei terreni e a chi svolge l’attività agricola. Si tornerebbe quindi alle vecchie norme, con l’imposta a carico dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali, che dovranno dichiarare i redditi in base alle risultanze catastali, con una rivalutazione dell’80% per il reddito dominicale e del 70% per il reddito agrario. Saltano anche le agevolazioni per gli agricoltori con età inferiore a 40 anni, che prevedevano un esonero contributivo del 100% per un periodo massimo di due anni. La Confederazione Italiana Agricoltori (Cia) denuncia: “Il mancato rinnovo dell’esonero dell’Irpef è una mazzata che costerà da 400 a 10.000 euro alle nostre imprese agricole”. Poi, c’è il tema, spinoso anch’esso, dei carburanti. Oggi un litro di gasolio viene pagato fino a 1,30 euro. Un costo più alto in Italia rispetto alla realtà tedesca o francese, dove costa circa un euro. Nel 2026, inoltre, dovrebbero cessare le agevolazioni in tutti i Paesi dell’Unione europea. (Continua a leggere dopo la foto)
Unione europea, tra ipocrisia e contraddizioni
Agricoltura e zootecnia non inquinano, di certo non in una misura tale da consentire norme talmente “punitive”. Si rischia una contrazione delle produzioni e la conseguente dipendenza alimentare da Paesi che, peraltro, producono utilizzando sostanze chimiche il cui uso è già vietato da molti anni in Europa: oltre al danno la beffa, verrebbe da dire. Infine, una annotazione: è la stessa Unione europea che ha rinnovato per altri 10 anni la concessione per l’utilizzo del diserbante Roundup a base di glifosato, nonostante nel 2015 sia stato classificato come “probabile cancerogeno” dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) e nonostante i 2,2 miliardi di multa che la produttrice Bayer/Monsanto è stata costretta a pagare, per il nesso di causalità con il linfoma non-Hodgkin da ultimo occorso ai contadini del Missouri, che hanno mossa causa. Una delle migliaia di casi denunciati dinanzi alle Corti degli Stati Uniti.
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