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“Più miocarditi da vaccini che da virus”. Lo studio choc sui giovani che getta altre ombre sulle pressioni di Speranza&Co

Pubblicato il 31/08/2022 11:57

Dicevano ai giovani di correre a vaccinarsi, di partecipare agli open day vaccinali perché sarebbero stati più protetti e perché non avrebbero corso rischi. Poi la storia ha detto altro. E i numeri anche. Purtroppo. Perché il boom di morti improvvise tra i giovani è sotto gli occhi di tutti e perché il boom di miocarditi è ormai messo nero su bianco più o meno su ogni prestigiosa rivista scientifica internazionale. I presunti esperti nostrani dicevano che “il pericolo di infiammazioni cardiache è superiore dopo il Covid rispetto a dopo l’iniezione”. Eppure, come su molti altri che ci sono stati propinati apoditticamente, anche su questo dogma esiste un vivace dibattito scientifico. Ne dà conto Alessandro Rico con un approfondito articolo su La Verità: “Cominciamo da un recente studio, uscito su Circulation, rivista specializzata nelle malattie cardiovascolari. L’indagine, condotta sui vaccinati dai 13 anni in su in Inghilterra, fino a metà dicembre 2021, conferma per l’ennesima volta l’incremento dell’incidenza di miocarditi, in particolare negli uomini al di sotto dei 40 anni e specialmente a 28 giorni dalla seconda dose di Moderna”. (Continua a leggere dopo la foto)

Un aspetto molto importante della ricerca è che essa dimostra una connessione delle miocarditi non solo con i preparati a mRna, ma anche con il farmaco ad adenovirus, cioè Astrazeneca. “Sono gli stessi autori dello studio a sottolineare che, «complessivamente, il rischio di miocarditi è maggiore dopo l’infezione che dopo l’inoculazione», ma che è opportuno soppesare l’utilità del vaccino per gli under 40: «Sebbene il beneficio netto della vaccinazione non debba essere definito solo in rapporto ai rischi di miocardite, quantificare tale rischio è importante, soprattutto nei giovani, che hanno meno probabilità di essere colpiti dalla malattia grave con l’infezione da Sars-Cov-2». Un approccio cristallino, laico, equilibrato, ben distante dalla propaganda terroristica con la quale, per mesi, insieme al ricatto del green pass, milioni di italiani sono stati trascinati all’hub e denigrati come negazionisti o assassini, se esitavano a porgere il braccio”. (Continua a leggere dopo la foto)

E ancora: “Uno studio israeliano, uscito lo scorso aprile sul Journal of clinical medicine, esaminava l’incidenza delle miocarditi e delle pericarditi in quasi 200.000 pazienti Covid non vaccinati. Il risultato era sorprendente: «I nostri dati», si leggeva nel paper, «suggeriscono che non c’è alcun aumento nell’incidenza di miocardite e pericardite nei pazienti che si sono ripresi dal Covid-19, a confronto» con il gruppo di controllo dei non infetti, composto da quasi 591.000 adulti, abbinati per sesso ed età. Il rapporto di causalità di questi disturbi con il Sars-Cov-2 non pare così solido come si è sempre sostenuto. Quello d’Israele è un esempio isolato? Non si direbbe. Nel numero di luglio del Journal of cardiovascular medicine è stato inserito un saggio, vergato da un gruppo di scienziati che operano nel nostro Paese. L’analisi è limitata alle province di Pisa, Lucca e Livorno, ma è stimolante, perché paragona i tassi d’incidenza di miocarditi e pericarditi nel periodo pre Covid a quelli registrati durante la pandemia, fino a maggio 2021. Cioè, quando la popolazione più giovane – più esposta agli effetti collaterali cardiaci dei vaccini – non era ancora stata massicciamente inoculata”. Ebbene… (Continua a leggere dopo la foto)

Anche stavolta le conclusioni lasciavano interdetti: “L’incidenza annuale di miocarditi era significativamente più elevata nel periodo pre Covid che in quello Covid, con una «riduzione netta del 27% dei casi». Ed essa si è abbassata in modo ancora più sensibile nella classe d’età 18-24 anni. L’incidenza delle pericarditi, invece, è rimasta sempre sostanzialmente invariata. Dunque, sia la popolazione generale, sia i ragazzi, si ammalavano di più di miocardite prima della comparsa del coronavirus, allora, ci domandiamo noi, come mai i televirologi si sono profusi in accorati appelli pro puntura, spiegando che i giovani rischiavano più infettandosi che vaccinandosi? E non finisce qui. All’inizio del 2022, su Annual review of medicine, era comparsa una relazione sulle miocarditi da Covid «clinicamente sospette» e «provate da una biopsia». All’epoca, gli autori della revisione ribadivano che non c’era ancora «una prova definitiva derivante da biopsia endometriale/autopsia che il Sars-Cov-2 causi un danno diretto al miocardio in associazione con miocardite istologica»”. (Continua a leggere dopo la foto)

Scrive ancora Rico: “Gli scienziati, quindi, esortavano a impiegare criteri medici più rigorosi, per evitare «un’inaccurata stima dell’incidenza di miocarditi basata su diagnosi errate». D’altronde, alcuni mesi prima, una ricerca compiuta su materiale autoptico, pubblicata su Cells, aveva portato a concludere: «Al di fuori del tratto respiratorio, non è stato possibile attribuire nessuna specifica alterazione fisto-morfologica all’infezione da Sars-Cov-2». Naturalmente, tutto ciò non significa che non esistano miocarditi e pericarditi da Covid. Vuol dire solo che, su questa malattia, forse non si sa ancora abbastanza per pronunciare sentenze mediatiche, spacciate per inscalfibili verità scientifiche. Sui vaccini negli under 40, un po’ di prudenza in più non avrebbe guastato”.

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