L’appartenenza all’Unione europea, nonostante i valori e gli ideali dei Padri fondatori facessero sperare in qualcosa di diverso, essenzialmente si traduce nel dover soggiacere a sanzioni e/o imposizioni di vario genere. Il Leviatano tecnocratico di Bruxelles pare aver messo nel mirino il nostro Paese in queste ore, per inosservanza delle misure riconducibili alla nuova “ideologia” green, racchiusa nel cosiddetto Green Deal: dunque misure assai difficilmente realizzabili, o realizzabili a spese del cittadino, come nel caso delle Direttiva sull’efficientamento energetico degli immobili, con interventi costosissimi a carico del cittadino. Sicché apprendiamo oggi della procedura di infrazione, per via della qualità dell’aria, una nuova procedura su questo stesso aspetto: la Commissione a guida von der Lyen ha sottolineato la mancata applicazione della sentenza della Corte di giustizia Ue emessa nel 2020; inoltre, Bruxelles ha deciso di deferire l’Italia alla stesa Corte di Giustizia europea (il passo successivo alla procedura di infrazione) per non aver pienamente rispettato gli obblighi di raccolta e trattamento stabiliti dalla Direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane. (Continua a leggere dopo la foto)
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Qualità dell’aria, la (nuova) procedura di infrazione
Occupiamoci dapprima della procedura di infrazione. Bruxelles denuncia che nel 2022 in Italia “ventiquattro zone di qualità dell’aria” presentavano “valori limite giornalieri” di concentrazione dell’inquinamento superiori al consentito e una zona superava i limiti annuali. L’Italia ha ora due mesi di tempo per rispondere e “colmare le carenze”. In assenza di una risposta “soddisfacente”, l’esecutivo Ue potrebbe deferirla nuovamente alla Corte. Nella sentenza del 2020 cui fa riferimento la Commissione europea, la Corte di Giustizia ha ritenuto che l’Italia avesse già violato gli obblighi derivanti dalla Direttiva sulla qualità dell’aria e dell’ambiente (Direttiva 2008/50/CE). Il Green Deal europeo, con la sua ambizione di inquinamento zero – ovvero zero emissioni entro il 2050, obiettivo alquanto ambizioso, altamente irrealizzabile – e richiede la piena attuazione degli standard di qualità dell’aria. Sebbene l’Italia abbia adottato alcune misure dopo la sentenza, come detto, in ventiquattro zone d’Italia la qualità dell’aria ancora non soddisfa gli stringenti parametri della Commissione. La Direttiva sulla qualità dell’aria obbliga gli Stati membri a mantenere le concentrazioni di specifici inquinanti nell’aria, come il PM10, al di sotto di determinati valori limite. (Continua a leggere dopo la foto)
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Acque reflue, Italia deferita alla Corte di Giustizia
Passiamo, ora, all’altra decisione comunicata nella stessa giornata, decisione ancora più pesante, come abbiamo spiegato. È il quarto caso di infrazione, a partire dal 2018, aperto in relazione all’applicazione non corretta della Direttiva sulle acque reflue urbane nel nostro Paese. La norma comunitaria in questione prevede che le acque reflue urbane siano raccolte e trattate prima di essere scaricate nell’ambiente. Le informazioni presentate dall’Italia avrebbero evidenziato “una diffusa inosservanza della direttiva in un totale di 179 agglomerati italiani”, apprendiamo dalla agenzia Askanews. Gli Stati membri devono disporre di una rete fognaria per tutti gli agglomerati con almeno duemila abitanti. La Commissione ritiene, dunque, che gli sforzi profusi finora dalle autorità italiane siano stati insufficienti e ha pertanto deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
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