Dura lex sed lex, e dunque, per quanto possiamo averla aspramente (e giustamente) criticata, dobbiamo fare i conti – in senso letterale, come vedremo – con la famigerata direttiva green sull’efficientamento energetico degli immobili. Sì, perché sarà tutto a spese del proprietario e l’Unione europea si limita a dettare regole e parametri, come se il problema, vero o presunto, del surriscaldamento globale o quello dell’inquinamento atmosferico per le emissioni di CO₂ dipendessero da questo. Ma tant’è. L’obiettivo, fin troppo ambizioso, è quello di raggiungere la classe energetica “E” entro il 2030 e la classe “D” dopo il 2033. Ridurre i consumi energetici, dunque, può anche sembrare una buona idea e rappresentare un intento nobile (pensiamo che il 62% delle spese energetiche delle famiglie italiane è destinato all’uso domestico), ma a fronte di quali e quante spese? Inutile aggiungere che un edificio non a norma vedrebbe il proprio valore quasi dimezzato: per la Codacons si potrebbe arrivare ad una svalutazione fino al 40%. Una sorta di “rottamazione” delle case, con le banche e gli speculatori dei fondi di investimento pronti ad approfittarne. Addentriamoci, ora, nella materia introdotta dalla direttiva comunitaria nota come EPB (Energy Performance of Buildings Directive), che ha il fine di rendere entro il 2050 tutte le abitazioni europee a emissioni zero. (Continua a leggere dopo la foto)
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Gli interventi necessari
La riqualificazione energetica residenziale comprende vari interventi prioritari, tra cui: l’isolamento dell’involucro opaco, inclusa la correzione dei ponti termici, come i balconi; l’isolamento della copertura e del solaio per migliorare l’efficienza energetica; la sostituzione dei serramenti al fine di ridurre le dispersioni termiche, l’utilizzo di schermature solari, che servono per il controllo del calore e della luce; la sostituzione dei generatori di calore attraverso le fonti di energia rinnovabile; infine, gli impianti per la stessa energia rinnovabile, entro cui sono inclusi sistemi di accumulo e colonnine di ricarica elettrica per veicoli. Per valutare l’idoneità della propria casa per la riqualificazione energetica occorre, dapprima e sempre a nostre spese, rivolgersi a un professionista accreditato per una diagnosi energetica iniziale. Questo passo permette di identificare gli interventi più adatti all’edificio e al budget del committente. Al momento, le opzioni come la cessione del credito o lo sconto in fattura non sono più disponibili nel 2024. Tuttavia, il Governo guidato da Giorgia Meloni sta lavorando su possibili reintroduzioni con criteri specifici per determinati interventi e detrazioni. (Continua a leggere dopo la foto)
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Le spese, ingenti, da affrontare
Secondo il portale Ilovetrading, oltre il 70% dei 12 milioni di edifici totali del nostro Paese non è a norma. Sono circa 8 milioni (2 su 3) gli immobili che necessiterebbero delle ristrutturazioni. Le prime simulazioni effettuate dal Codacons ci parlano di circa 108 miliardi di euro totali per le ristrutturazioni degli edifici privati. Se partiamo dal presupposto che all’incirca l’87% degli immobili italiani è di classe energetica “D“, le spese interesseranno una amplissima platea. Il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ha stimato che, per adeguare le abitazioni, ogni famiglia sarà costretta a impegnare una spesa media di 40mila euro. Quantifichiamoli: per isolare con una copertura orizzontale, il cosiddetto “cappotto termico”, la spesa media può arrivare a 300 euro al metro quadrato; si va, poi, da 15 mila a 30 mila euro per le caldaie, mentre serramenti e infissi comportano una spesa di 780 euro a metro quadrato nelle aree climatiche più calde (in quelle con le temperature più rigide si arriva anche a 900 euro al metro quadro). Per non parlare dell’eventuale impianto fotovoltaico, il cui costo medio è di 2.400 euro per ogni kilowatt di potenza installata. Non sono bruscolini, ma quando Ce lo chiede l’Europa…
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