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Il porto di Trieste ai tedeschi: buonanotte alla politica industriale italiana

Pubblicato il 01/10/2020 12:21

di Luca Pinasco.

Il porto di Trieste è una delle maggiori infrastrutture logistiche portuali al mondo. Collegato ad una importante rete ferroviaria perfettamente integrata a livello europeo, è il terminal su mare dell’Oleodotto Transalpino, capace di rifornire di idrocarburi le raffinerie di Germania, Austria e Repubblica Ceca, e rappresenta uno sbocco strategico capace di raccogliere merci provenienti dal mercato asiatico attraverso il Canale di Suez. 

Non c’entra nulla il fatto che i tedeschi vogliano anticipare i cinesi. Quello che fa la società pubblica tedesca HHLA è la realizzazione della più grande ambizione geopolitica del cosiddetto Northern Range europeo, ovvero quella di integrare ai colossi della logistica portuale del nord Europa, attraverso il sistema ferroviario, una piattaforma avanzata sul Mediterraneo. 

Sviluppare la logistica, anche se non produce elevato valore aggiunto, è nel mondo globalizzato uno dei più importanti obiettivi di politica industriale, non soltanto per l’eccezionale indotto lavorativo che produce, ma anche e specialmente per la leva geopolitica che rappresenta per il paese che ne controlla le reti. Ecco perché tutti i paesi sviluppati al mondo – tranne il nostro – hanno dei campioni nazionali di proprietà pubblica operanti nel settore della logistica integrata. 

Il ruolo dell’Europa in questa nostra debolezza è determinante ed è accompagnato – ovviamente – dall’inettitudine della nostra classe politica. Ecco perché ci obbliga a dedicare le risorse del Recovery Fund a centinaia di piccoli progetti “big data” e “green” che nulla hanno a che fare con le vere esigenze della nostra economia.  

Ecco perché l’UE blocca l’acquisto da parte di una società pubblica italiana (Fincantieri) dei cantieri navali francesi STX perché viola la concorrenza, e invece non blocca l’acquisto da parte di una società pubblica tedesca (HHLA) del più avanzato porto italiano. Ecco perché ad ogni occasione la Commissione europea forza i governi italiani a ridurre la partecipazione pubblica nelle imprese e a privatizzarle, quando invece concede senza remore allo Stato tedesco di partecipare – spesso con quote di maggioranza – al capitale di banche, imprese e infrastrutture strategiche. 

L’urgenza di politica industriale è oggi costruire un operatore logistico-infrastrutturale a partecipazione statale capace di utilizzare come leva geopolitica i vantaggi di quella che è la nostra più grande forza, ovvero la nostra posizione nel Mediterraneo, piuttosto che cedere tali vantaggi a tedeschi o cinesi che siano. Ed è lì, semmai, che andrebbero dedicate le poche risorse del Recovery Fund.