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“I dati sui decessi non tornano”: i veri numeri dei morti in Italia per la variante Omicron

Pubblicato il 07/01/2022 12:09 - Aggiornato il 07/12/2022 18:20

C’è una domanda che in questi giorni molti italiani si stanno facendo, bombardati da notizie allarmanti attraverso i tg e le principali testate: come mai nel nostro Paese si continua a parlare di 200/250 morti di Covid al giorno quando invece i dati dei contagi sono perfettamente in linea con quelli degli altri Stati? Davvero in Italia si muore più che altrove? E se sì, perché? Un quesito al quale ha provato a fornire una risposta in queste ore Melania Rizzoli sulle pagine di Libero Quotidiano. Mettendo nel mirino dati che, in realtà, sembrano non tornare.

Numeri, quelli sui decessi, che stonano con una lettura generale che vuole la variante Omicron del virus “più contagiosa ma meno pericolosa”. Nelle scorse ore, l’Italia ha superato la soglia dei 200 mila nuovi casi registrati, con 198 vittime. Numeri comunicati dalle autorità sanitarie e che però secondo Libero “andrebbero analizzati a dovere per capire quali siano gli elementi che pesano e producono ancora troppi eventi negativi”. Popolazione più anziana rispetto al resto d’Europa? O forse piuttosto un modo sbagliato di comunicare le cifre relative agli eventi infausti collegati al virus?

Secondo Libero, è vero che 200 mila positivi al giorno rappresentano comunque un dato preoccupante, ma “quello che risulta allarmante sono i dati dei decessi che vengono ancora attribuiti ancora solo ed esclusivamente al Covid, perché se i contagi sono così alti e così diffusi ovunque, negli ospedali oltre ai medici e agli infermieri si contagiano anche i pazienti più fragili ricoverati per altre patologie gravi, che però una volta deceduti vengono classificati come morti di Covid”.

Sull’argomento si era espresso in questi giorni anche il professor Alberto Zangrillo, che aveva definito “criminale” il calcolo che quotidianamente viene fornito dai media agli italiani visto che contribuisce a generare panico fornendo dati errati. La scienza, insomma, dovrebbe spingere la politica a un cambio di rotta, evitando di insistere su una comunicazione volutamente allarmista. Ne va della credibilità di entrambe.

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