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Arrestano l’intero clan ma un cavillo li fa scarcerare: “Giustizia allo sbando!”

Pubblicato il 12/11/2023 12:12 - Aggiornato il 13/11/2023 09:37

Allorché lo scorso 6 settembre, a Vicenza, i carabinieri coordinati dalla Dda di Venezia avevano sgominato un clan della mafia nigeriana, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, nessuno si aspettava che, tra i 29 arrestati, in 10 sarebbero stati scarcerati, e quel che stupisce è soprattutto la motivazione, surreale e tragicomica. La nostra Magistratura, ancora una volta, concede una certa impunità a chiunque voglia delinquere sul nostro territorio e, sperando di non essere tacciati di “xenofobia”, non possiamo non notare che taluni gruppi etnici in un modo o nell’altro godono di quella impunità cui abbiamo accennato. Lo abbiamo scritto appena ieri, citando il caso del cittadino marocchino arrestato, scarcerato, e poi ancora arrestato nel giro di 24 ore. Ora, approfondiamo i fatti. Il tribunale del Riesame, nella ordinanza di scarcerazione, spiega che il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari, è “frutto di un’opera di taglia e cuci della richiesta cautelare, come chiaramente evincibile dall’identità linguistica e grafica dei due atti in molteplici passaggi, dall’assenza di parti motivazionali autonomamente redatte dal Gip di Venezia, nonché dalla presenza, nel testo dell’ordinanza, di numerosi refusi“, secondo il presidente del tribunale, Alessandro Gualtieri. (Continua a leggere dopo la foto)
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giudice copia-incolla liberati spacciatori

“Un approccio collettivo”

Uno dei principali punti sollevati è stato l’utilizzo di un “approccio collettivo” nella valutazione delle accuse da parte di Luca Maroini, il Gip di Venezia, che avrebbe dunque operato con il “copia e incolla” e limitandosi a ricalcare le richieste cautelari della Procura. A presentare domanda di scarcerazione per i propri assistiti, sono stati gli avvocati Anna Sambugaro, Elisabetta Costa e Corrado Perseghin, come ricostruisce Il Giornale di Vicenza, ritenendo plausibile che il Gip non abbia esaminato e valutato le fonti di prova alla base delle accuse contro gli indagati, prima di applicare le misure cautelari: “Non sono riscontrabili passaggi motivazionali che consentano di ritenere eseguita un’effettiva disamina, da parte del Gip, degli elementi probatori sottoposti alla sua attenzione”. La vicenda ha un precedente, che dovrebbe essere ben noto tra i giudici. Nel 2011, infatti, era accaduto lo stesso a un magistrato napoletano, talché la Corte di Cassazione, l’anno seguente, aveva stabilito come al giudice delle indagini preliminari non fosse concesso il “copia e incolla”, perché se l’ordinanza del giudice non contiene adeguati ragionamenti, non può essere il Riesame a supplire alle carenze evidenti del provvedimento. (Continua a leggere dopo la foto)
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L’inchiesta sulla mafia nigeriana

Gli arresti erano stati richiesti della Direzione distrettuale antimafia dopo un’indagine antidroga dei carabinieri del comando di Vicenza, partita nel 2021 in seguito al ritrovamento di un codice alfanumerico impresso sugli ovuli di cocaina sequestrati a uno spacciatore, che agiva sulla piazza di Vicenza. Il gruppo di nigeriani era stato accusato di gestire un giro di eroina e cocaina, che veniva acquistata a Padova, Ferrara e Pescia, in provincia di Pistoia, e poi distribuita agli spacciatori che operavano tra Campo Marzo, la stazione ferroviaria e le altre piazze di spaccio di Vicenza.

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