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“Addio al diritto alla salute.” Ecco perché la sanità italiana è destinata a sparire: “I dati che ci condannano”

Pubblicato il 06/09/2023 16:04 - Aggiornato il 11/09/2023 11:10
fondazione Gimbe spesa sanitaria italiana

Il diritto alla salute in Italia è più a rischio che mai. Uno stillicidio della spesa sanitaria pubblica, per la maggior parte dovuta alle imposizioni e ai vincoli dell’Europa, che sta mettendo a serio rischio la nostra vita. Avevano detto che il Covid, seppur nella tragedia, sarebbe servito quanto meno a rilanciare e rifinanziare la Sanità. E invece… Si è scelto di regalare quei soldi a Big Pharma per quel cosiddetto “vaccino” che poco o a nulla è servito anziché investire in salute. E ora a lanciare l’allarme è la Fondazione Gimbe, dopo l’attenta analisi dei dati sul nostro SSN. Le principali cause dello sfacelo sono imputabili all’imponente sotto-finanziamento pubblico, alla progressiva carenza di personale sanitario, ai modelli organizzativi obsoleti, all’incapacità di ridurre le diseguaglianze e l’inevitabile avanzata del privato. Tutto questo, sotto il cappello dell’Ue, ha “determinato la progressiva erosione del diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare nelle Regioni del Sud”. Il confronto con gli altri Paesi Ocse è impietoso. (Continua a leggere dopo la foto)
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Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe, attacca: “I princìpi fondamentali del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), universalità, uguaglianza, equità, sono stati traditi e oggi sono ben altre le parole chiave del nostro SSN: infinite liste di attesa, affollamento dei pronto soccorsi, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, rinuncia alle cure”. La politica dell’Europa di contenimento del debito rende di fatto quella che è una previsione – l’addio al diritto alla Salute – una sentenza senza appello. Quindi prepariamoci al peggio. La Fondazione Gimbe ha analizzato la spesa sanitaria pubblica nei paesi dell’OCSE sia in percentuale del PIL, che in Dollari pro-capite a prezzi correnti e parità di potere d’acquisto. E cosa emerge? Sul fronte della spesa sanitaria pubblica in percentuale del PIL, il nostro Paese nel 2022 si attesta al 6,8% del PIL, sotto di 0,3 punti percentuali sia rispetto alla media OCSE del 7,1% che alla media europea del 7,1%. (Continua a leggere dopo la foto)
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L’allarme della Fondazione Gimbe sulla spesa sanitaria italiana

Per il capitolo spesa sanitaria pubblica pro-capite, spiega la Fondazione Gimbe: “In Italia, anche la spesa sanitaria pubblica pro-capite nel 2022, pari a 3.255 dollari, rimane al di sotto sia della media OCSE ($ 3.899) con una differenza di $ 644, sia della media dei paesi europei ($ 4.128) con una differenza di $ 873”. E in Europa sono ben 15 paesi a investire più di noi in sanità. Il gap con i paesi europei si è ampliato progressivamente dal 2010, “a seguito di tagli e definanziamento pubblico; poi si è ulteriormente esteso negli anni della pandemia quando, a fronte di un netto incremento della spesa sanitaria in Italia, gli altri paesi europei hanno comunque investito più del nostro. Del resto noi eravamo tutti presi dai vaccini, rinunciando alla cura delle persone. (Continua a leggere dopo la foto)
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Infine, è interessante l’analisi della Fondazione Gimbe sul trend 2008-2022 della spesa sanitaria pubblica pro-capite nel G7. “Impietoso il confronto con gli altri paesi. Innanzitutto, negli altri paesi del G7 (eccetto il Regno Unito) la crisi finanziaria del 2008 non ha minimamente scalfito la spesa pubblica pro-capite per la sanità: in Italia, invece, il trend si è sostanzialmente appiattito dal 2008, lasciando il nostro Paese sempre in ultima posizione. Nel 2022, mentre l’Italia rimane ultima con una spesa pro-capite di $ 3.255, la Germania l’ha più che raddoppiata sfiorando i $ 7.000. Infine, dato assai interessante è quello che illustra il Presidente Cartabellotta: “Se per fronteggiare la pandemia tutti i Paesi del G7 hanno aumentato la spesa pubblica pro-capite dal 2019 al 2022, l’Italia è penultima poco sopra il Giappone”. Ma, soprattutto, dopo l’emergenza COVID-19 il gap con gli altri paesi europei del G7 continua a crescere.

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