Domenica scorsa, in un’intervista a La Repubblica, la presidente del Senato Casellati ha dichiarato, in relazione al “caso Bonafede-Di Matteo” una cosa che ha attirato l’attenzione di molti: “Sono preoccupata. Per la prima volta nella storia della Repubblica registro un conflitto grave tra un membro del Csm e il ministro della Giustizia, che sono espressioni di due organi interdipendenti. Certo è che un conflitto di questo genere non può restare senza risposta. Anche il Csm deve fare la sua parte. L’amministrazione della giustizia esige in primo luogo regole e giudizi eguali per tutti, perché non sopporta opacità di sorta. Solo così si può riconquistare la fiducia dei cittadini”. Tutto normale? Nemmeno per niente.
Nel caso in questione, spiega Antonio Esposito su Il Fatto Quotidiano, non vi è stato alcun “conflitto”, tantomeno “grave”, tra un membro del Csm e il ministro
della Giustizia. Allora cosa ha spinto la Casellati a prendere questo abbaglio? Si legge nell’articolo: “Quando Bonafede propose a Di Matteo nel giugno 2018 la nomina a capo del Dap, per poi ritrattarla il giorno dopo quando il magistrato aveva dato la sua disponibilità, quest’ultimo non era membro del Csm e il fatto che egli abbia rivelato tali circostanze alcuni giorni or sono, divenuto, nel frattempo, componente di tale organo, non cambia alcunché perché egli non ha contestato il ministro in virtù del suo ‘status’ di componente del Csm, ma addirittura non lo ha proprio contestato essendosi ben guardato dal muovere censure al Guardasigilli per la sua scelta del capo del Dap nella (diversa) persona di Francesco Basentini, nomina (forse sbagliata) che, comunque, rientrava nella esclusiva competenza del ministro”.
Dunque, la presidente del Senato Casellati ha preso una cantonata. Nel “caso Bonafede-Di Matteo”, la sortita della seconda carica dello Stato – che si dichiara “preoccupata” perché “il conflitto è grave” e necessita di “una risposta” e che “anche” il Csm deve fare “la sua parte” – fa sorgere un dubbio. Esposito in chiusra di articolo si chiede: “Non è che, per caso, la ‘risposta? riguardi la sfiducia presentata in Senato dall’opposizione nei confronti del ministro di Giustizia e che ‘la parte’, che si vuole il Csm faccia, consista in una delibera che censuri il comportamento del consigliere Di Matteo?”.
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