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Crisanti: “Vaccini? Difficile stabilire la durata della protezione”. La spiegazione del virologo

Pubblicato il 14/12/2021 10:17

Ci siamo sentiti dire che i vaccini lanciati in fretta e furia sul mercato dai colossi di Big Pharma e pagati a peso d’oro dai governi erano sicurissimi ed efficaci per un tempo indeterminato, di sicuro lunghissimo. Oggi, mentre in diverse zone del mondo si procede addirittura con la somministrazione della terza dose, abbiamo invece scoperto che no, la protezione offerta dai farmaci anti-Covid non è eterna e, anzi, probabilmente non supera i cinque mesi. Ma quando dura, di preciso? Mistero glorioso, del quale nessuno riesce a venire realmente a capo. Compreso il virologo Andrea Crisanti, che ha ammesso tutte le difficoltà con le quali sta facendo i conti la scienza.

Intervistato da Alessandro Mantovani sulle pagine del Fatto Quotidiano, Crisanti ha parlato innanzitutto della tanto discussa variante Omicron, sostenendo che “non è ancora chiaro se diventerà prevalente. Certamente ha una trasmissibilità elevata, perché altrimenti non l’avremmo vista diffondersi”. Poi il discorso si è spostato sulla protezione dal Covid legata figlia del vaccino o della guarigione: “I guariti hanno una protezione naturale che dura un po’ di più, ma con il vaccino a cinque mesi dalla seconda dose l’immunità dall’infezione scende al 40%”.

“In Italia e in altri Paesi – ha poi spiegato Crisanti – sono stati fatti quattro vaccini diversi come prima dose (Pfizer, Moderna, AstraZeneca e J&J) e come seconda dose tre: quattro per tre, dodici combinazioni possibili. Ora la terza dose viene fatta con Pfizer o Moderna, quindi deve essere moltiplicata per due. Così in Italia esistono 24 protocolli di immunizzazione differenti, una confusione inestricabile che rende difficili gli studi su livello e durata della protezione”.

Infine, Crisanti ha previsto che “non ci sarà un picco dei contagi ma un plateau, come in Inghilterra. Vaccino ai bambini? Suggerivo di attendere i dati provenienti dagli Stati Uniti e da Israele e in questo senso i primi numeri a disposizione sono confortanti: l’incidenza degli effetti collaterali sembra molto bassa”.

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