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La rivolta dei musulmani d’Italia: “Rischio sharia” Ecco le assurde pretese

Pubblicato il 21/08/2023 22:42 - Aggiornato il 21/08/2023 22:43

Evidentemente c’è bisogno di ribadirlo: la nostra morale, la nostra cultura e quindi il nostro sistema giuridico, sono ben diversi rispetto alle concezioni di chi si professa musulmano. Prima di essere tacciati di islamofobia dai soloni del politicamente corretto – e senza menzionare l’ovvio e tipico esempio dei dettami islamici sulla condizione della donna – ricordiamo la separazione fra Chiesa e Stato, fra precetti religiosi e leggi laiche, la famiglia monogamica che prevede parità di diritti, la libertà di pensiero e di espressioni: tutti concetti sanciti nella nostra Costituzione. Se, poi, qualcuno volesse negare che tali concetti siano inapplicabili nei Paesi a maggioranza islamica, faccia pure. Occorrerebbe, piuttosto, a nostro avviso, domandarsi cosa potrebbe accadere se una percentuale notevole di musulmani del nostro Paese, che al momento sono oltre un milione e mezzo, essendo di religione islamica rivendicasse il diritto di essere giudicata in base alla sharia, ovvero il corpo delle leggi islamiche in cui il diritto e i precetti religiosi si sovrappongono perfettamente, essendo basato sul Corano, che è stato scritto 1400 anni fa. (Continua a leggere dopo la foto)
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corti islamiche sharia italia

Le proposte di Hamza Piccardo

Sempre ricordando che sono nostre considerazioni personali, desta un certo allarme leggere su il Giornale che il più importante organo di informazione del mondo islamico in Italia, il portale La Luce, da giorni ha avviato una sorta di massiccia campagna di rivendicazioni varie, ad opera di alcune delle voci più ascoltate tra i maomettani d’Italia, in primis Hamza Piccardo (foto in basso), fondatore e poi leader dell’Ucoii (l’Unione delle comunità islamiche italiane). Le proposte riguardano un sistema di corti islamiche sul modello inglese e un registro dei matrimoni religiosi, celebrati in moschea o dagli imam seguendo i pilastri del Corano e della tradizione religiosa. E dunque persino matrimoni, divorzi, affidamenti dei figli, andrebbero regolati secondo la sharia. A noi viene da pensare all’adulterio delle donne, un “reato” gravissimo che in più di un Paese islamico è punito con la morte, o quantomeno con la lapidazione. Le brutali forme di oppressione spesso riservate alle donne nelle comunità islamiche non ce le stiamo inventando noi adesso. Ma Hamza Piccardo scrive così: “Se in altri posti al mondo i musulmani subiscono le guerre, le persecuzioni dei loro dittatori, nei Paesi di immigrazione sembra che la prova maggiore a cui sono sottoposti riguardi le relazioni matrimoniali e poi quelle genitori-figli”, lamentandosi addirittura de “la situazione neo-catacombale in cui versa la nostra comunità”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il matrimonio islamico

Il problema sarebbe questo, scrive ancora Piccardo su La Luce, nell’articolo intitolato Il matrimonio islamico all’italiana e il ruolo degli imam: se una donna musulmana volesse divorziare e se il matrimonio fosse stato solo religioso, “ecco che nella maggior parte dei casi la donna che, nell’ambito islamico, volesse essere liberata da quel vincolo si trova in grave difficoltà”. Hamza Piccardo ha già la soluzione: “Un registro nazionale dei matrimoni islamici, l’iscrizione al quale costituirebbe l’accettazione preventiva di una giurisdizione islamica in caso di controversia divorziale”. Se vi sembra un’idea delirante e incostituzionale (trattandosi di una sorta di legislazione “parallela”) sappiate che, ancora su La Luce, un’altra convertita, Aicha Tiziana Bravi, ha proposto la soluzione delle Sharia Courts, che, nate a Londra nel 1982, oggi sono 85, formate da sapienti delle scuole islamiche che tentano le riconciliazioni e possono sciogliere solo i matrimoni religiosi. Il Piccardo, all’epoca 23enne, nel 1975 si convertì dal cattolicesimo all’Islam. Ebbene, a parti invertite non avrebbe potuto, commettendo una gravissima violazione della stessa sharia che ora vuole portare in Italia: l’apostasia. (Continua a leggere dopo la foto)
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La “bomba demografica

Frattanto, la natalità dei musulmani residenti in Italia, combinata con la denatalità cronica che ci affligge, potrebbe generare una bomba demografica. Già in un articolo dei mesi scorsi, abbiamo citato la situazione in Belgio: sebbene le donne di nazionalità straniera rappresentino solo una donna su sei in età fertile in Belgio, un bambino su quattro è nato da donne che non sono di nazionalità belga, ergo quasi la metà di tutti i bambini in Belgio sono nati da donne straniere. E la Francia ci insegna che anche le seconde o le terze generazioni di immigrati islamici non si sentono integrate, e in effetti non lo sono, molto probabilmente anche per il fortissimo retaggio che li accompagna e che vede noi occidentali o noi cristiani come “altro” rispetto a loro, come un mondo depravato e fallimentare. Da convertire. Se, dalla loro, avessero anche la sharia probabilmente si sentirebbero impuniti e legittimati a operare in netto contrasto con le nostre leggi e con i nostri principi morali.

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