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“Condannato senza prove”. In carcere 3 anni per omicidio volontario, poi il colpo di scena: una storia assurda

Pubblicato il 14/07/2023 14:40

Tre anni trascorsi tra carcere e domiciliari, dopo una condanna a 15 anni per omicidio volontario arrivata in primo grado e confermata in secondo. Poi la scarcerazione, con i guidici dell’appello bis che hanno riqualificato l’accusa in “omicidio colposo” e diminuito la pena a 2 anni e 2 mesi. Una vicenda che il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser ha definito “kafkiana” e che è stata raccontata in queste ore dall’Ansa, che ha ricostruito l’accaduto: “Oggi si è chiuso il nuovo processo d’appello, dopo che la Suprema Corte aveva rimandato indietro gli atti, accogliendo la tesi del sostituto pg, lo stesso, tra l’altro, che ha scritto l’ormai noto atto per chiedere di riaprire la vicenda della strage di Erba. Un anno fa la Corte d’Appello milanese aveva confermato quei 15 anni per omicidio volontario, decisi dal gup di Pavia, per Nicola Alfano, visagista accusato di avere ucciso nel 2019 l’amico Bruno Lazzerotti, simulando un incidente d’auto in una roggia nel Pavese”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Come ricostruito dall’Ansa Lazzerotti, vedovo di 78 anni, aveva iniziato a frequentare una donna. Secondo l’accusa, la paura di perdere un’eredità da 5 milioni di euro avrebbe spinto a quel punto Alfano, 49enne legato al pensionato da una lunga amicizia e nominato suo erede, ad affoggare l’anziano in una roggia nel Pavese, fingendo poi che l’auto fosse finita in un canale. (Continua a leggere dopo la foto)

Il pg Tarfusser ha però fatto ricorso, chiedendo di cancellare l’accusa per l’imputato, difeso dai legali Federico Cecconi e Nicolò Velati, e insistendo sul fatto che si fosse trattato semmai di un omicidio colposo, di un incidente. Nell’atto ha anche scritto di essere andato a “ispezionare i persona” il luogo del presunto delitto. (Continua a leggere dopo la foto)

La condanna, per il pg, era stata “frutto non della valutazione delle prove”, “che non ci sono”, ma solo del “giudizio di inverosimiglianza della versione” dell’imputato. Nell’atto, Tarfusser ha segnalato come il 9 giugno 2020, dopo quasi un anno dalla morte dell’anziano, la Procura aveva emesso un decreto di intercettazioni “d’urgenza”. Intercettazioni che hanno portato la Procura, ma anche i giudici, a concludere che “proclamarsi innocenti”, come faceva l’uomo al telefono, “equivale a dichiararsi colpevoli”.

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