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Caos mascherine, puzzano e non sono a norma. Paragone: “Dopo mesi il Governo non risponde alle mie interrogazioni”

Pubblicato il 01/03/2021 13:26 - Aggiornato il 01/03/2021 13:54

Tutti ne parlano, ma nessuno fa niente. Puzzano, sono scomode e soprattutto non rispettano gli standard…

Parliamo di mascherine, che fin dall’inizio della pandemia hanno rappresentato un buco nero della capacità di reperimento, gestione e distribuzione da parte degli enti governativi di competenza. La struttura del commissario Arcuri prima tra tutte.
In particolar modo un capitolo a dir poco imbarazzante è quello riguardante la fornitura di mascherine la cui produzione è stata affidata alla Fiat Chrysler Automobile e i cui imballaggi sono firmati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Sono passati mesi da quando il senatore di ItalExit Gianluigi Paragone ha presentato non una, ma ben due interrogazioni parlamentati per fare chiarezza in merito alla vicenda dei dispositivi di protezione e, nello specifico, delle mascherine Fca, prodotte per essere distribuite soprattutto all’interno del sistema scolastico ad alunni e insegnanti. Eppure dall’alto del Palazzo tutto ancora tace e tutto ancora è consentito.

All’interno della prima interrogazione, risalente al 21 ottobre 2020, il senatore sottolineava come con il decreto legge fosse stata introdotta la possibilità di immettere in commercio prodotti realizzati in deroga alle vigenti disposizioni e normative sulla marcatura CE, pertanto sottolineava come con il decreto legge fosse stata introdotta la possibilità di immettere in commercio prodotti spesso scadenti.

“Attualmente la situazione del mercato dei DPI è meno critica rispetto a marzo, quando, a causa dell’indisponibilità dei prodotti a fronte di un’altissima domanda, fu introdotta la deroga”, sottolilneava Paragone già ad ottobre, eppure la norma ha continuato e continua a produrre i propri effetti ancora oggi.

Ne erano una prova “i report pubblicati da INAIL sul processo di validazione, dai quali emergeva che solo il 5 per cento delle istanze valutate dall’Istituto ha ricevuto esito positivo, mentre il restante 95 per cento era riferito a prodotti ritenuti non equiparabili ai prodotti marcati CE e pertanto non sicuri”. E ne sono una prova tutte le indagini (tra queste ricordiamo quelle recentissime del sindacato Usb) che stanno venendo a galla, i cui test da laboratorio mostrano inequivocabilmente (ricordiamo che tali dispositivi erano e sono distribuiti nelle scuole per limitare il rischio di contagi nelle classi) che i parametri di filtrazione dell’aria delle mascherine Fca sono inadeguati.

“Per far fronte alla richiesta di forniture di mascherine, agli inizi di agosto è stata ufficializzata la notizia che l’Istituto superiore di sanità aveva autorizzato la più grande produzione di mascherine della storia d’Italia, siglando con Fiat Chrysler Automobile (FCA) un’intesa per la produzione di 27 milioni di pezzi al giorno di cui, secondo l’accordo con il commissario straordinario Domenico Arcuri, 11 milioni destinate alle scuole su tutto il territorio nazionale”, spiega Paragone.

Fin dalle prime settimane in cui sono stati distribuiti i dispositivi, docenti e genitori hanno lamentato “la scarsa fruibilità di questi dispositivi di protezione, manchevoli della tradizionale barretta stringinaso e pertanto non indossabili con occhiali da vista, con laccetti di supporto poco resistenti o inutilizzabili, per persone con capelli lunghi, se da posizionare dietro la nuca, e con lo strato interno permeabile alle proprie goccioline di saliva già dopo breve tempo”. Non solo parliamo di dispositivi la cui inefficacia è oramai sbandierata dai test effettuati e che non sono “buoni nemmeno per fare la polvere”, come ci scrivono in tanti, ma parliamo anche di dispositivi i cui termini contrattuali sono poco chiari.

Ciò che il senatore aveva richiesto al Governo con la prima interrogazione era proprio di fare chiarezza:
-sulla pericolosa deregolamentazione dei requisiti tecnici dei dispositivi di protezione individuale (vigente al momento della interrogazione e vigente tutt’oggi) che consente l’immissione nel mercato di dispositivi realizzati in deroga alle norme
-sull’ammontare della spesa sostenuta per l’acquisto di DPI e, nello specifico, sull’importo economico dell’accordo firmato con Fiat Chrysler Automobile per la produzione di mascherine
-sull’intenzione di rassicurare le famiglie italiane circa lo standard qualitativo delle mascherine prodotte da FCA e distribuite nelle scuole.

Ovviamente -vergognosamente- alla prima interrogazione non è seguita alcuna risposta, tant’è che il senatore è intervenuto con una seconda (risalente al 14 dicembre 2020) il cui cuore è rappresentato dalla ennesima richiesta chiarificatrice sulle questioni, ad oggi anch’essa insoddisfatta. In particolare nella medesima si chiedeva di sapere se “il Governo intendesse intervenire con urgenza per chiarire come sia possibile che milioni di mascherine prodotte da FCA, secondo un accordo economico con lo Stato, di cui non sembrerebbero ancora chiari i profili economici, e distribuite in tutte le scuole con lo stemma della Presidenza del Consiglio dei ministri, non rispetterebbero gli standard CE”.